È stato finalmente consegnato il rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Argo 1 e così l’intricata vicenda del “pasticcio amministrativo” è giunta alla conclusione. 134 pagine di analisi di ogni aspetto della questione: documenti, email, responsabilità.
“Se tutti avessero detto la verità con umiltà e trasparenza sin dall’inizio – si legge nel rapporto -, si sarebbero risparmiati molto tempo e molto denaro, e si sarebbero evitate molte parole inutili e molti sospetti”. Quello che è emerso alla fine, nonostante omissioni e poca trasparenza, è “un quadro preoccupante e desolante” nella superficiale gestione del settore dell’accoglienza.
Le responsabilità di tutti sono state esaminate e sembrerebbe che nessuno sia totalmente innocente. Secondo il Governo i funzionari cantonali della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie (DASF) e in particolare l’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI) “hanno agito in una situazione d’emergenza, sempre in buona fede e nell’ottica di garantire l’operativa del servizio con un uso parsimonioso delle risorse finanziarie.” Tuttavia la Commissione ha precisato che l’urgenza non può essere una giustificazione valida a 360 gradi: “«Se il fenomeno migratorio ha consistenza variabile nel tempo, la sua esistenza e l’obbligo di farvi fronte sono costanti” ha precisato.
Importante anche il ruolo del Consiglio di Stato, in particolare ad esso viene rimproverato il fatto di aver lasciato solo il DSS a gestire anche situazioni d’emergenza e di “privilegiare una sorta di rinuncia alle responsabilità, lasciando ai singoli Dipartimenti il compito di risolvere problemi anche complessi”.
Dal canto suo tuttavia al direttore del DSS è attribuita la colpa di non aver coinvolto il Governo e ad essersi affidato troppo ai propri collaboratori che evidentemente non sono stati all’altezza del compito. Si sono sollevati infatti anche dei dubbi sulla qualità della formazione del personale al servizio dello Stato. A Beltraminelli tuttavia viene riconosciuta la buona fede: l’eccesso di fiducia sì c’è stato ma non con cattive intenzioni. La responsabilità tuttavia c’è: “È il capo della sua amministrazione e come tale ne risponde. Indipendentemente da chi siano i Divisionari, i Capi Ufficio o i responsabili di servizio”.
La persona con maggiore responsabilità tuttavia appare essere il capo della divsione della DASF Claudio Blotti accusato di aver gestito l’intera vicenda con “approssimazione e superficialità” dal punto di vista formale e amministrativo.