I rapporti del Genio con il Cantone nei manoscritti conservati alla Bibliothéque de l’Institut de France.

Sfogliando i manoscritti di Leonardo conservati alla Bibliothéque de l’Institut de France (12 carnets datati dal 1487 al 1508), ho rilevato diverse  interessanti annotazioni e disegni sull’architettura e la costruzione di opere militari (Manuscrit B: il più antico dei dodici manoscritti, datato 1487-1489) con anche l’indicazione  “Raffelin” (Manuscrit B 18-19) – ciò che potrebbe avere dei collegamenti con la costruzione del Rivellino del Castello Visconteo di Locarno (1507).

Sempre nel Manuscrit B sulle pagine 37 e 38 ho trovato dei riferimenti precisi al Canton Ticino.

Accanto ad un disegno, la descrizione – in scrittura speculare e nella lingua ‘italiana’ usata da Leonardo, la cui matrice ortografica richiama quella antica parlata che ci riporta al vernacolo fiorentino, inserendo talvolta anche citazioni lombarde per rendere il concetto più esemplificativo – e riportata sulla scheda dell’Institut con traduzione in francese di Charles Ravaisson-Mollien (vedi A. Quantin, Paris, 1881-1891, 6 v.), cita: “Dessin shématique de la rivière Ticino (Tessin en Suisse) avec canaux aménagés”.

Leonardo da Vinci. Manuscrit B (1485-1488). Fol. 37 verso: «Projet de cité sur canaux avec quais». Fol. 38 recto: «Dessin schématique de la rivière Ticino (Tessin en Suisse) avec canaux aménagés».

Breve storia dei manoscritti di Leonardo conservati alla Bibliothéque de l’Institut de France.

I libretti furono dati dopo la morte di Leonardo, per volontà testamentaria, al suo amico Francesco Melzi che li portò a Milano. Alla morte di quest’ultimo nel 1570, gli eredi dispersero questi preziosi manoscritti.

Quasi tutti i carnets conservati all’Institut de France provengono dal conte Galeazzo Arconati che li aveva acquistati dagli eredi di Pompeo Leoni e donati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Altri libretti, sempre provenienti dal lascito Melzi, erano stati donati all’Ambrosiana nel 1674 dal conte Orazio Archiniti.

Quando Napoleone entrò da vincitore a Milano nel 1796, impose alla Lombardia un tributo di guerra e la confisca di opere d’arte e scientifiche maggiori. I suoi esperti, guidati dal matematico Gaspard Monge, scelsero alla Biblioteca Ambrosiana molte opere. Le casse ben riempite presero il cammino verso la Francia dove i preziosi reperti vennero depositati alla Bibliothéque Nationale di Parigi. Solamente i 12 libretti di Leonardo furono indirizzati all’Institut National  per essere studiati da esperti.

Nel 1815 durante l’occupazione di Parigi, i vincitori di Napoleone imposero la restituzione dei beni sottratti, ciò che avvenne per le principali opere, ma i manoscritti di Leonardo, non reclamati o semplicemente dimenticati, rimasero  in Francia.

Nel 1848 il conte Guglielmo Libri-Carrucci, matematico e storico, membro dell’Accademia delle scienze, fuggì in Inghilterra dopo aver rubato nelle biblioteche francesi un gran numero di preziosi manoscritti.  Già qualche anno prima aveva  venduto una parte della “sua” collezione,  comprendente anche 34 fogli di Leonardo prelevati dal carnet A e 10 fogli prelevati dal carnet B conservati all’Institut. Questi fogli presero il nome del suo acquirente: Lord Bertram, conte di Ashburnham e divennero il “Codice Ashburnham 1875/1-2”.

Nel 1891 i fogli rubati da Guglielmo Libri-Carrucci furono resi all’Institut de France.

Tra il 1888 e il 1891 fu acquisita dalla Bibliothéque Nationale di Parigi la parte denominata “Manuscrit italien 2037-2038”, oggi conservati all’Institut National e considerati un supplemento dei carnets A e B.

Guglielmo Libri-Carrucci aveva anche staccato dal carnet B di Leonardo, 18 fogli, i quali oggi sono conosciuti come il “Codice degli uccelli” (1505) conservato alla Biblioteca Reale di Torino.

Questo documento va ad aggiungersi a quanto già conosciuto e citato sui rapporti di Leonardo da Vinci con il Canton Ticino:

  • R. Rahn, “Monumenti artistici del Medio Evo nel Cantone Ticino”. Traduzione di Eligio Pometta. Bellinzona, C. Savioni, 1894: “Questa costruzione [rivellino n.d.r.] ricorda un disegno fatto da Leonardo da Vinci in un manoscritto conservato alla ” Bibliothéque de l`Institut de France” (R. Mollien, “Les manuscrits de Leonardo da Vinci B et D de la Bibliothéque de l`Institut. Paris 1883, fol. 37 recto).
  • La pagina del Codice Atlantico, presso la Biblioteca Ambrosiana a Milano (fol. 901, già fol. 328) che restituisce una nota di Leonardo da Vinci sulla Buzza di Biasca: “Puo esser chaduta vna montagnia e sserrado es la bocha del Mare Rosso e proibito lesito al Mediterano e cosi ringhorghato tal mare abbia pererito el transito in fralli Gioghi Ghadetanj perche il simile abbiam veduta alli nostri tempi cadere vn vmonte di sette miglia e serare vna valle e ffarne lagho e cosi son fatti la magior parte de laghi de montj come lagho di Gharda lac di Como e Llughano el lagho Magiore”.
  • Sempre riferito alla “Buzza di Biasca”, lo schizzo della serie dei “Diluvi” conservato alla Royal Library, Windsor (n. 12.401) nel quale una vallata, traversata da un ponte-muraglia, è devastata da una spaventosa montata d’acqua che sradica quelle che paiono tende d’un accampamento di militi.
  • Sui viaggi di Leonardo: appunto sulla distanza di 30 miglia “di Gravidonja inverso Bellinzona”, anche segnata nel Codice Atlantico (fol. 573, già fol. 214v.), in cui lo scienziato marca le esperienze, le esplorazioni e i viaggi compiuti.

Jean Olaniszyn