Teheran ha fatto sapere che supererà entro dieci giorni i limiti delle riserve di uranio arricchito concordate nell’accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali. La miscela dell’uranio arricchito può essere utilizzata per alimentare i reattori nucleari per la produzione di energia, ma può esse utilizzata anche per fabbricare armi nucleari.
Questa violazione porta al collasso definitivo del patto internazionale firmato anche dai paesi europei, dopo l’abbandono e la reintroduzione delle sanzioni deciso unilateralmente dal presidente Trump. Quest’ultimo ha messo a dura prova la coalizione internazionale che invece aveva sostenuto l’accordo in cambio di sgravio delle sanzioni.
Il portavoce dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Behrouz Kamalvandi, ha dichiarato che la produzione di uranio arricchito è aumentata di quattro volte in risposta alle sanzioni restrittive degli Stati Uniti e che il suo deposito avrebbe superato il limite di 300 kg entro il 27 giugno. L’arricchimento, attualmente di bassa concentrazione SEU (Slightly Enriched Uranium), potrebbe arrivare fino al 20%, ad un passo cioè dal livello necessario per le armi. Il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha avvertito l’Europa che il tempo sta per scadere ed è necessario un nuovo accordo entro il 7 luglio, altrimenti la Repubblica islamica sarà libera di aumentare il livello di arricchimento dell’uranio.
Un chiaro messaggio a tutti gli altri firmatari dell’accordo (Germania, Francia, Regno Unito, Russia e Cina) per trovare un modo di contrastare l’impatto delle paralizzanti sanzioni statunitense che Trump ha riattivato indebolendo l’economia iraniana. L’Europa finora non è stata in grado di offrire all’Iran nessuno appoggio. “Se questa condizione continua, non ci sarà più alcun accordo”, ha detto Kamalvandi.
Un ulteriore contributo dunque ad alimentare le tensioni già abbastanza alte tra la repubblica islamica e l’amministrazione della Casa Bianca dopo i recenti attacchi alle due petroliere nel Golfo di Oman. La Marina degli Stati Uniti ha diffuso ulteriori immagini per fornire le prove che le forze iraniane sono coinvolte dietro ai due attacchi. Ma sono ritenute dagli analisti ancora scarse per sostenere le accuse.
In risposta a quello che le autorità americane sostengono essere dei comportamenti ostili da parte iraniana, il Pentagono ha deciso di inviare 1’000 soldati aggiuntivi in Medio Oriente per garantire la sicurezza del personale militare che lavora nella regione e per raccogliere informazioni d’intelligence. Le truppe fanno parte di un ampio pacchetto di opzioni militari per un totale di 10 mila uomini, batterie di missili Patriot, aerei e navi. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Patrick Shanahan, nell’annunciare questo nuovo dispiegamento, ha voluto ribadire che le forze americane sono state inviate a scopo difensivo per affrontare eventuali minacce aeree, navali e terrestri in Medio Oriente, e che saranno adeguate secondo le necessità.
L’Europa, per voce del suo rappresentante per gli affari Esteri, Federica Mogherini, ha rifiutato di affrontare l’annuncio dell’Iran. “Ad oggi l’Iran è ancora tecnicamente conforme e speriamo fortemente, incoraggiamo e ci aspettiamo che l’Iran continui a rispettare l’accordo”, ha detto la Mogherini ai giornalisti.
A maggio scorso il presidente iraniano aveva fissato un termine di 60 giorni per i firmatari dell’accordo di trovare misure tangibili per consentire all’Iran di esportare petrolio e negoziare con le banche internazionali. La scadenza è vicina per disinnescare una crisi internazionale e alleviare il rischio di una corsa agli armamenti in Medio Oriente. Nel vedere però come l’Europa reagisce, pare che sia tutto fermo.
L’amministrazione americana accusa l’Iran di “estorsioni nucleari” messe in atto per sfidare le norme internazionali. Ma così facendo, Trump si trova in difficoltà ad insistere sul fatto che gli iraniani devono rispettare un accordo internazionale che Trump stesso ha condannato.