di Liliane Tami

Vigilia di pasqua, Sabato Santo.

Come riporta il Catechismo della Chiesa Cattolica, oggi è quel terribile giorno in cui Cristo viene scisso nella sua unità di anima e corpo e discende negli abissi della morte. Il suo cadavere rimane nel sepolcro, mentre la sua anima va nel regno dei morti. È l’unica volta in tutte le scritture in cui viene meno l’unità dell’anima e del corpo. Il Simbolo degli Apostoli ben evidenzia come la discesa del Signore nello Shèol, o Ade, sia funzionale al compimento delle profezie di Isaia, che in Gesù vi aveva visto l’Emmanuele, ossia colui che avrebbe portato “ Dio con noi”.

 Dio, di fatto, solo spezzandosi in due parti, in un corpo tumefatto e  sanguinante e in un’anima redentrice può rendersi capace di raccogliere le anime dall’aldilà e portale poi con sé verso al Sommo bene. Solo così Cristo è potuto davvero essere-con-noi, nella nostra umana caducità. Noi, nel giro di 80-100 anni, non possiamo che morire: se Gesù, il giorno precedente alla pasqua, non si fosse reso cadavere sanguinante e non avesse esplorato gli abissi a cui le anime erano destinate prima della sua venuta, la nostra vita terminerebbe con la sepoltura e la divisione dell’eredità tra gli eredi. Invece no! Il Signore, venendoci a prendere nell’aldilà, ci consente il raggiungimento del Sommo Bene e l’unione totale con lui. Il Sabato Santo è il giorno in cui tutto si oscura perché avviene lo stravolgimento dell’essenza stessa del cattolicesimo, ossia l’unità dell’anima e del corpo. Questa drammatica frattura all’unità è in assoluto la cosa più straziante di tutte le scritture, ma è funzionale a dare a noi uomini la possibilità di unirci con Dio.  Spezzando Sé Stesso in due parti, in queste 40 drammatiche ore di discesa agli inferi, Cristo ha concesso a Noi di unirci con lui nell’eternità.

 L’ unità dell’animo e del corpo è la conditio sine qua non del cristianesimo: non è possibile in alcun modo pensare che tra carne ed anima non vi sia coerenza. Nel mondo ellenico si arrivò ad ipotizzare il dualismo, ossia che l’anima e il corpo fossero entità scisse, e svariate eresie, come i catari, nel corso dei secoli ripresero questa teoria. Di fatto, però, per la chiesa l’unità di anima e corpo è un dato non solo ovvio e certo, ma anche essenziale senza il quale più nulla avrebbe senso. Come dice Tertulliano, infatti, La carne è il cardine della salvezza: è impensabile raggiungere l’immortalità senza passare attraverso le opere buone. Per gli gnostici, ad esempio, la salvezza si raggiunge attraverso  la conoscenza a prescindere dall’impegno del proprio corpo e la pratica di opere buone. Per i cristiani, invece, solo impegnando il proprio corpo e agendo in modo caritatevole si può raggiungere la salvezza dell’anima e la risurrezione della carne. Nelle antiche icone, cattoliche ed ortodosse, la discesa agli inferi di Cristo era spesso rappresentata come Gesù che tende le mani alle persone morte nelle tombe per risollevarle: anche noi, come queste anime che hanno bisogno di Dio per risollevarsi dalla tomba, dobbiamo tendere le nostre mani destinate a putrefarsi e rinsecchirsi sotto terra al Virgulto della stirpe di Jesse, che ci renderà – come lui – immortali.