Quale forza politica, nei prossimi mesi e anni, vorrà proporre e cercherà di realizzare in Ticino una politica fondata sul primato della libertà e della responsabilità dell’individuo, sulle riforme per un Ticino concorrenziale, che lasci più reddito ai cittadini, crei occasioni di lavoro, favorisca l’imprenditoria, renda meno difficile muoversi verso nord e verso sud e all’interno del territorio, salvaguardi la sicurezza senza restringere le nostre libertà, freni la nuova spinta verso l’espansione eccessiva della spesa pubblica, si prepari alle difficoltà imminenti per il mercato immobiliare, evitando problemi per chi, con molti sacrifici, ha acquistato casa, utilizzi infine in modo più efficace il miliardo di franchi e oltre che ogni anno il Cantone spende in sussidi in massima parte sociali?

In passato queste istanze sono state interpretate e concretizzate soprattutto dai liberali, con il sostegno e l’apporto spesso determinante dell’ala non statalista del PPD. Su alcuni obiettivi (in particolare nel campo della diminuzione delle imposte) anche l’attivismo della Lega e la propositività dell’UDC hanno avuto un ruolo decisivo, ma sta di fatto che – emarginata la componente liberale sul piano cantonale – la capacità di questi due partiti di tradurre proclami e progetti in leggi applicate è venuta meno. L’attuale immobilismo del Ticino in campo fiscale, mentre molti altri Cantoni si sono mossi con riforme coraggiose, ne è la conferma. Indipendentemente dalle singole persone, senza esponenti liberali profilati in Governo, di sgravi fiscali in Ticino non se ne sono più fatti. Ma anche la politica di promozione economica, che ha contribuito a creare migliaia di nuovi posti di lavoro e a stimolare l’innovazione di molte piccole e medie imprese, segna da alcuni anni il passo.

Quale forza politica può dunque rilanciare queste politiche di cui il Ticino ha bisogno? Il PLRT sembra impegnato unicamente in una strategia interna di esclusione. Nessun esponente dell’ala o anima liberale sembra andar bene al partito: né chi si rifà al liberalismo classico einaudiano da posizioni assolutamente laiche, né chi è espressione di quel liberalismo cattolico che fa pur parte della storia del liberalismo europeo e anche ticinese, né tantomeno l’élite culturale portatrice di un liberismo senza compromessi. Tutti moderati, questi, ritenuti oggi non compatibili con il PLR cantonale. Il quale PLRT nemmeno è aperto ad intese e collaborazioni con altre formazioni della destra o comunque vicine almeno ad alcune delle istanze liberali: la Lega, in qualunque sua espressione, è demonizzata; l’UDC – contrariamente a quanto sembra valere sul piano nazionale – è giudicata un’accozzaglia di persone da evitare; e verso il PPD in generale rinascono i secolari pregiudizi dell’avversario storico.

Come possa il PLRT, con tutte queste esclusioni, attuare una moderna politica liberale fondata sui principi e sugli obiettivi elencati sopra, non si sa. Non ha più la maggioranza relativa in Governo; l’ha mantenuta per un soffio in Parlamento, dove conta però soltanto 23 deputati su 90 (e alcuni di quei 23 si ispirano alle varianti di liberalismo che l’attuale PLRT non digerisce). Ai vertici sembra essere tornata di moda la disciplina di partito, intesa non come rispetto delle regole di civiltà nel confronto politico che dovrebbero essere prerogativa dei liberali radicali – e che, queste sì, farebbero molto bene al PLRT – ma come obbligo di adeguarsi obbedienti e silenti alle scelte politiche di merito su singole questioni decise dalla maggioranza delle istanze di partito (nelle quali – si sa – il vero confronto democratico ha spazi limitati). Come dire che se l’Ufficio presidenziale, la Direttiva, il Comitato o il gruppo parlamentare, a maggioranza dicono che non si devono diminuire le imposte, tutti i liberali radicali che invece sono favorevoli agli sgravi devono rinunciare a battersi per le loro idee nelle istituzioni e nel Paese in virtù della disciplina o dell’unità di partito. O viceversa. Questa è l’antitesi del liberalismo e della modernità, è l’incapacità dichiarata di sostenere civilmente e democraticamente il confronto delle idee. Lungo questa strada c’è soltanto il declino.

Chi non vuole che il Ticino segua anch’esso questa traiettoria, si chiede oggi cosa fare per rilanciare una vera politica liberale. Penso che anche chi ha già rivestito cariche pubbliche ad alto livello sia libero di partecipare a questa discussione, fare le sue valutazioni e poi prendere le sue decisioni, dopo essersi confrontato con altre persone, navigate o nuove alla politica, che si pongono le stesse domande dopo la batosta del PLRT alle ultime elezioni cantonali. Una discussione e una valutazione senza limiti di partito. Questa è anche la risposta diretta alle affermazioni del sindaco di Lugano (cfr. “Il Caffè” di domenica 24 aprile), troppo preoccupato delle valigie altrui e poco della sua. Se il PLRT va avanti come negli ultimi mesi senza ascoltare ciò che il Ticino ha detto e dice, fra un anno saranno dolori anche in Città..

Marina Masoni