Il processo a Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo del Papa, per furto aggravato di documenti appartenenti a Benedetto XVI si è concluso sabato con una condanna a 3 anni di carcere, ridotti a 18 mesi con il pieno riconoscimento delle attenuanti.


Gabriele (nella foto) è potuto tornare agli arresti domiciliari perché il Tribunale Vaticano ha considerato l’assenza di precedenti penali, le risultanze dello stato di servizio, il convincimento soggettivo indicato dall’imputato quale movente della sua condotta, nonché la dichiarazione di aver tradito la fiducia del Santo Padre.

Non si è trovata traccia di complici o di correi, Paolo Gabriele è stato soltanto suggestionato da circostanze ambientali. Lo ha detto il promotore di Giustizia Nicola Picardi nella sua requisitoria – rifacendosi alle conclusioni delle sue indagini datate 13 agosto.
E’ dunque chiusa per la giustizia vaticana la vicenda processuale, mentre rimangono aperte tutte le indagini avviate sulle ripetute e clamorose fughe di documenti dei mesi scorsi.

Secondo la procedura vaticana, prima del verdetto l’ultima parola spetta all’imputato. Paolo Gabriele ha detto : “La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per esclusivo, direi viscerale, amore per la Chiesa di Cristo e per il Papa. E, se lo devo ripetere, non mi sento un ladro.”