L’UDC (nel caso del manifesto, i suoi giovani) picchia duro, mirando allo stomaco. La sinistra (Giovani comunisti, Matteo Caratti sulla Regione) risponde per le rime. Che dire? Un commento per ciascuno dei contendenti ci sta tutto.

— I democentristi vedono il guasto sociale provocato da certi fenomeni, lo denunciano con forte provocazione e, ovviamente, puntano ad assicurarsi il consenso di una parte (potenzialmente non piccola) della popolazione. La terapia d’urto? La giudicano necessaria.

— La sinistra – in particolare Caratti – non esita a scomodare con plateale esagerazione i più inquietanti e truci fantasmi, manco a dirlo il nazismo, come se squadre di brune SA (SturmAbteilungen) marciassero sferragliando per via Ghiringhelli. Io non le ho mai viste ma forse loro sì. Un minimo senso della misura non guasterebbe.

Di nuovo, che dire? Facile: è il gioco delle parti, ognuno recita la sua. Pirandello sembra piuttosto fuori moda… ma forse anche questo è un giudizio superficiale. Riproduciamo integralmente l’editoriale odierno del quotidiano radico-socialista, interessante e significativo nella sua tipicità. Il linguaggio impiegato vi è particolarmente violento, come sempre accade quando si giunge ai ferri corti (e non sempre i moti dell’animo si lasciano governare).


Pirandello

Ecco come si può pesantemente falsare il dibattito democratico in vista di un appuntamento elettorale, facendo leva su pericolosi cliché. In giugno voteremo su un nuovo giro di vite della legge sull’asilo. Un tema, vista l’aria che tira, che non faticherà a essere approvato. Nonostante ciò l’Udc si sta distinguendo, ancora una volta, dagli altri partiti per i messaggi incendiari veicolati nella campagna per il voto, valicando la linea rossa del razzismo (cfr. pagina 4). E, che il piede sull’acceleratore lo pigino i giovani Udc, non fa che ulteriormente preoccupare. Di solito i giovani si dimostrano più aperti e idealisti, ma si vede che nei ranghi Udc vale l’opposto. ‘Dàgli allo straniero, semina odio, semina zizzania. Politicamente crescerai’. Stomachevole.

L’immagine scelta nel volantino incriminato è chiarissima: a cavalcioni dell’Elvezia, che a stento si regge sul suo scudo, c’è un nero sorridente e paffutello con tanto di labbroni dalle cui tasche esce un mucchio di soldoni. Accanto viene raffigurato un contadino svizzero che pure si trova in spalla una donna coperta col velo e che tiene ben stretta una mazzetta di banconote. Inutile dire che mamma Elvezia e lo svizzero penano e sudano, mentre il nero è felice come una pasqua e saluta tutti con un sorriso che spicca dalle sue pronunciate labbra. Anche i particolari raffigurati sul manifesto sono alquanto espliciti: chi subisce ha i capelli biondi (non riusciamo a capire se gli occhi siano rigorosamente azzurri), mentre chi approfitta è straniero, di pelle non bianca. Stomachevole-bis.

Capita l’antifona? Non è più sufficiente per i pargoli Udc andare in giro a dire che chi bussa alle nostre porte è un approfittatore del gregge delle pecore nere da sbatter fuori a calci. E no. Ora si cavalca direttamente la tigre razzista. Vale l’equazione: chi è nero e chi porta il velo è un parassita. Come se le guerre, i campi di raccolta dei rifugiati e le carrette del mare e della miseria che approdano a Lampedusa, tanto per fare qualche esempio recente e noto a tutti, non esistessero.

Lo si fa, ben sapendo che in realtà il buono e il gramo ci sono ovunque: qui da noi come in Africa, fra i cristiani come fra i musulmani. E lo si fa introducendo piccoli tocchi che sottolineano aspetti razziali già utilizzati da altri (leggasi dittature nazifasciste) nella storia recente. In quei capelli biondi come non sentir riecheggiare il delirio della purezza ariana? E in quelle mazzette di banconote forse non le accuse rivolte agli ebrei di essere all’origine delle disavventure economiche della repubblica di Weimar? E così via. Nel secolo scorso si cominciarono a diffondere questi deliri poi divenuti verità di Stato. Sappiamo dove si è poi andati a finire e quanti milioni di morti è costata quella pazzia. Anche il silenzio fece allora la sua parte. Per questo fa bene alla nostra democrazia che vi sia chi osa criticare a voce alta, come ha fatto il consigliere nazionale Marco Romano dicendo che il manifesto gli fa schifo e anche Gioventù Comunista che ha accostato il 2013 al 1936.

Per sbarrare la strada alla peste razzista non vi è né destra né sinistra. Solo uomini e donne che si alzano in piedi e dicono senza paura che loro non ci stanno.

Matteo Caratti