I “rossi” eternamente contro l’Esercito
“Come il marito che volle far dispetto alla moglie…”

Deludente il risultato della votazione sul credito per l’acquisto dei Gripen. Una vittoria della sinistra, come dire un danno per il paese. Dopo la prima guerra mondiale, tutti pronosticavano che sarebbe durata poche settimane, al massimo qualche mese, durò 5 anni, con il macello, è il termine proprio per qualificare quella guerra, 20 mio di morti in ridicole trincee una a 20 metri dall’altra, il partito socialista si distinse per l’avversione esacerbata a qualsiasi investimento per l’esercito. Preferì inviare miliziani a combattere Franco, quello sì un uomo che avrebbe potuto mettere a fuoco e fiamme tutta l’Europa. Franco non riuscì nel suo losco (da intendersi in senso ironico) intento, e a incendiare l’Europa e poi tutto il mondo ci pensò un giovane impulsivo nazionalsocialista dai celebri baffetti.

Riconosciuto il pericolo concreto, a partire dal 1937 il partito socialista votò senza batter ciglio tutte le spese per l’armamento di un esercito che, lo sapevano tutti, non avrebbe potuto resistere più dell’”espace d’un matin” ai carri di Guderian e alle tattiche di von Manstein e Rommel. Ma importante, allora come adesso, era il mantenimento d’un esercito degno del suo nome. Anche il partito comunista svizzero, diretto da un appena riabilitato (dopo la scomunica staliniana del 1935) Jules Humbert-Droz, laureato in teologia e pastore riformato, nell’autunno del 1938 votò un credito per l’esercito di 400 mio, una somma allora esorbitante, l’equivalente dei crediti annui attuali per tutto l’esercito. Finita la seconda guerra mondiale, tutta la sinistra ritornò alla sua politica di avversione all’esercito, una politica che persegue tuttora con una costanza degna di miglior causa.

Loro i pericoli li vedono solo quando li hanno sotto il naso, e questo è un dato di fatto che in democrazia dobbiamo tutti accettare. Per questo accettiamo tranquilli il risultato uscito dalle urne. Personalmente, convinto come sono che in caso di bisogno a salvarci dai pericoli incombenti ci penseranno i nostri angeli custodi, altrimenti detto gli USA o i loro vassalli dell’UE, oltre che tranquillo mi sento fiducioso. In fin dei conti, i 2,6 mrd di dollari che riceveranno prossimamente dagli azionisti della seconda nostra banca, potrebbero tener luogo di acconto su future prestazioni militari in nostro aiuto. O mi illudo?

Intervistato da “Le Temps”, il professor Hans-Ulrich Jost, storico e professore emerito di storia moderna a Losanna, ha commentato il voto negativo ai Gripen di tutta la Romandia (con in prima linea, come al solito, un Canton Giura che avremmo fatto meglio a regalare alla Francia) come una reazione “all’arrogante nazionalismo dell’altra sponda della Sarine”. Sarà, ma se così fosse sarebbe una ben meschina ragione, a livello di quel tale che si mutilò, non dico di cosa, per far dispetto alla moglie. Il professore ritiene valida la spiegazione anche per il Ticino, accomunandolo alla Romandia.  Io credo invece che il Ticino abbia tutte le ragioni per ammirare e ringraziare quotidianamente i confederati d’oltre Gottardo. Se la Svizzera esiste, il merito è tutto loro, e se il Ticino ha potuto uscire dalla sua miseria secolare idem. Dalla Romandia alla nostra ridotta minoranza non è mai arrivato sostegno, caso mai solo ostilità quando si trattava di eleggere un nostro consigliere federale.

Il voto ticinese fortemente avverso all’acquisto dei Gripen non è reazione al nazionalismo arrogante dei cantoni svizzero-tedeschi. E` semplicemente manifestazione della nostra italianità: nel senso peggiore della parola, che rima perfettamente con inaffidabilità.

Gianfranco Soldati