Inquirenti della Procura pubblica di Torino possono assistere agli interrogatori e visionare gli atti riguardanti i tre presunti ecoterroristi arrestati la scorsa primavera nel canton Zurigo, prima ancora della formale conclusione della procedura di assistenza giudiziaria. Il Tribunale penale federale (TPF), in una decisione del primo dicembre resa nota oggi, non ravvisa alcun pericolo di abusi.

La sede del Tribunale penale federale a Bellinzona. Foto: Keystone

Lo scorso 15 aprile la polizia cantonale zurighese aveva fermato a Lengnau am Albis (ZH) un’automobile con a bordo tre persone: un uomo e una donna italiani e un giovane ticinese residente in Italia. Nell’auto erano stati trovati esplosivi e altro materiale che secondo gli inquirenti dovevano servire a compiere un attentato, insieme a un volantino di rivendicazione. Secondo informazioni di stampa, i tre avevano per obiettivo il centro di ricerca europeo della multinazionale IBM a Rüschlikon (ZH), in particolare il suo laboratorio di nanotecnologia.
Il nome dei tre è riapparso in relazione al pacco esplosivo di matrice anarchica scoppiato lo scorso 23 dicembre all’ambasciata svizzera di Roma, che ha causato il ferimento di un dipendente della sede diplomatica.
Essendoci di mezzo esplosivi, il procedimento è passato il 19 aprile al Ministero pubblico della Confederazione (MPC). I tre arrestati sono stati posti in detenzione preventiva nel canton Berna.

La Procura di Torino, che indaga contro i tre per sospetta costituzione di un’associazione terroristica, ha inviato una rogatoria alla Svizzera in maggio. In luglio ha poi chiesto che suoi magistrati o funzionari possano assistere agli interrogatori e visionare gli atti del fascicolo elvetico.

L’MPC ha dato via libera, in cambio dell’assicurazione che le eventuali informazioni ottenute in questo modo non saranno utilizzate fino a una decisione formale e definitiva riguardo alla rogatoria stessa.
Contro la presenza di funzionari italiani ha presentato ricorso uno degli arrestati, argomentando che l’Italia potrebbe utilizzare le informazioni già prima di tale decisione. Secondo il ricorrente, documenti provenienti dalla Svizzera sono già stati utilizzati più volte in passato in procedimenti italiani prima di una decisione formale sull’assistenza giudiziaria.

Vero o falso? Il TPF lascia la questione aperta. A suo avviso, tuttavia, anche se talora inquirenti italiani possono non essersi attenuti alle prescrizioni previste dagli accordi di assistenza giudiziaria, ciò non significa che nel caso concreto la Procura di Torino non rispetterà la parola data.
Secondo il giornale torinese “La Stampa”, i tre “eco-anarchici” arrestati in Svizzera abitavano dal 2007 nel villaggio piemontese di Traversella, nell’alto Canavese. I due italiani, sposatisi nel 2008, sarebbero già stati arrestati nel 2004 in Toscana per una catena di attentati alle linee elettriche e ai cantieri dell’alta velocità.