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È di martedì la notizia dell’ammissione del Parco del locarnese all’ultima fase di progettazione, volta alla sua istituzione, che sfocerà probabilmente nel 2015 nella votazione su di un progetto di dettaglio da parte dei comuni interessati; approvazione prevista dalla Legge e necessaria ad ottenere il marchio da parte della Confederazione.

Come il Parco Adula, anche quello del locarnese è un progetto in cantiere da più di dieci anni. Nel frattempo in svizzera sono già nati, o meglio hanno ottenuto il marchio ben dodici parchi nazionali del tipo naturali e, solo in Ticino, sono ancora in fase di progettazione due parchi d’importanza nazionale del tipo nazionale (scusate il bisticcio ma questa è la confusa nomenclatura prevista dalla Legge federale per mettere sotto il cappello dei parchi di valenza nazionale differenti categorie).
La notizia arriva dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), il quale nel suo comunicato tradisce anche una particolare ammirazione alla categoria nazionale, mettendo di fatto in secondo piano la definitiva nascita di quelli naturali.

A questo punto sorgono spontanee alcune domande:
come mai i parchi del tipo naturale ottengono consenso da parte della popolazione toccata da questa pianificazione mentre quelli del tipo nazionali sono ancora in un iter tortuoso? Come mai l’UFAM si diletta ad evidenziare quelli del tipo nazionale? Come mai quelli del tipo nazionale si situano in Ticino?
Per approfondire queste spontanee riflessioni sarebbero utili dei seminari. In questa sede possiamo solo stimolare la discussione.
L’UFAM è conosciuto per la sua rigidità a tutela dell’ambiente. Al momento del varo delle modifiche della Legge federale, in cui sono stati definiti e regolamentati i parchi, il parlamento ne ha previsto una graduazione, in cui quello di tipo nazionale (progetti Adula e locarnese) è a totale tutela della natura, mentre quello naturale lo potremmo definire di convivenza ideale tra natura e uomo. Quest’ultimo ha ottenuto successo a livello Svizzero, mentre da noi, in Ticino, da più di un decennio stiamo ancora discutendo sull’opportunità o meno di istituire parchi che mettono in secondo piano l’uomo e la sua attività. Le discussioni vertono proprio sul fatto che la ricca tradizione d’attività umana ben visibile sul territorio montano arrischia di essere sacrificata o fortemente limitata sull’altare del protezionismo.
Se siamo giunti a questo punto probabilmente è perchè tanti ticinesi non credono più nei Ticinesi, nel proprio territorio e a chi lo gestisce e quindi preferiscono consegnarsi nelle mani della Berna estrema, degli Uffici federali ai quali disturba la presenza e l’attività dell’uomo.
Eppure il Ticino possiede un patrimonio storico culturale invidiabile, che evidenzia positive capacità di convivenza tra uomo e natura, quasi da modello, tra cui parecchi esempi attuali, pensiamo solo alla Valle Bavona, per rimanere in loco oppure alle aziende agricole ancora vitali che curano e rendono i paesaggi idilliaci.

Anche per il Parco del locarnese, come per quello dell’Adula ci promettono altri turisti e sostegno, quando lo stesso tipo di parco per definizione vuole ulteriormente limitare, attraverso la burocrazia la già ridotta attività gestionale-produttiva di montagna.
Per ottenere successo nel turismo necessitiamo in fretta di progetti condivisi in cui i principali attori siano in prima fila e non di discussioni e limitazioni esportate dalla capitale. Nel frattempo continuiamo a perdere tempo e terreno rispetto al resto della Svizzera reale.

Cleto Ferrari, Segretario agricolo, deputato LEGA GC