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Nel 2013 l’Italia non riporterà in pareggio i conti dello Stato e il governo del premier Monti dovrà varare una nuova manovra finanziaria. E’ quanto si legge in un rapporto distribuito ai ministri delle Finanze e dell’Economia durante il vertice dell’Eurogruppo, venerdì scorso in Danimarca.

Nel rapporto, pubblicato martedì 3 aprile dal quotidiano The Financial Times, si legge che da maggio 2010 il governo italiano ha varato misure di risparmio per oltre 100 miliardi di euro, che hanno ridotto il disavanzo pubblico 2011 al 3,9% del Pil.

“Gli sforzi intrapresi vengono rimessi in discussione dalla recessione e dal livello ancora alto dei tassi di interesse – si legge nel rapporto, che chiude con un chiaro ammonimento: “Il governo italiano deve evitare qualsiasi sforamento dei conti pubblici e deve essere pronto ad adottare altre misure se necessario”.
I timori degli esperti europei che hanno redatto il rapporto sono stati alimentati dai dati di questa settimana : l’attività manifatturiera italiana si è contratta per l’ottavo mese consecutivo e la disoccupazione è cresciuta al livello più alto dell’ultimo decennio.
La Banca d’Italia prevede che quest’anno il Pil si contrarrà dell’1,2%, ma questa previsione rischia di rivelarsi ottimistica.
In Italia la recessione, aggravata da queste misure di austerità, non rende possibile il raggiungimento degli obiettivi riguardanti il risanamento dei conti pubblici. Invece di curare il paziente, queste politiche rischiano di ammazzarlo.

In Europa la difficoltà di mutare rotta è dovuta al fatto che se un paese cede nella sua politica di austerità viene punito dai mercati e non può far capo alla propria banca centrale.
Questo circolo vizioso, dovuto alla camicia di forza rappresentata dall’euro, rischia di far precipitare le economie dei paesi deboli in una depressione, senza un miglioramento significativo dei conti pubblici.
La spaccatura dell’euro è la soluzione meno peggiore. Non solo i paesi deboli dell’Europa hanno conti pubblici in rosso, ma hanno anche bilance commerciali in deficit, a dimostrazione di una perdita di competitività da quando sono entrati nell’euro.
Una spaccatura dell’unione monetaria con l’uscita dei paesi forti (Germania, Olanda, Austria e Finlandia) permetterebbe ai paesi deboli di beneficiare di una svalutazione per riguadagnare competitività.
Le rispettive banche centrali potrebbero monetizzare parte dei deficit, come fanno le banche centrali di Gran Bretagna e Giappone.
Rinviare lo smantellamento dell’euro renderà solo molto più costosa la disintegrazione dell’Unione monetaria europea.

(Fonte: Wall Street Italia.com)