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La notizia, nell’aria ormai da diverso tempo, è divenuta ufficiale negli ultimi giorni: La Posta diventerà una società anonima (SA) a partire dal 2013.

Certo, la SA rimarrà di proprietà della Confederazione, è tuttavia chiaro come la strada imboccata porti direttamente verso la sua privatizzazione. E, per quanto i vertici postali tengano a precisare che poco cambierà, per quanto riguarda la politica sociale nei confronti dei dipendenti postali, è altrettanto chiaro come il rinnovo del contratto collettivo (CCL) possa nascondere, invece, dei peggioramenti. Quanto tempo ci vorrà prima di giungere a ritoccare verso il basso gli stipendi, le percentuali lavorative o i posti di lavoro?
La Posta, che dovrebbe essere un servizio pubblico, ha invece tra i suoi obiettivi quello di “fare utili”. Questa impostazione ha portato ad un notevole calo di qualità del servizio. I vertici postali sbandierano, spesso e volentieri, tale qualità del servizio come un atout de La Posta. Tuttavia glissano sull’aumento dei prezzi di lettere, pacchi, e delle prestazioni come gli ordini di rispedizione o i trattenere. Questi ultimi sono divenuti tanto onerosi, da spingere la popolazione a trovare altre soluzioni pur di non spendere tali somme di denaro.
La chiusura di uffici postali viene definita come una riorganizzazione necessaria per mantenere La Posta flessibile e concorrenziale. Resta, però, una diminuzione di quella offerta che i capi postali vorrebbero farci credere di ritenere importante.
Insomma, se La Posta si impegnasse a rendere attuale quel servizio pubblico di cui dovrebbe essere fedele esempio, invece che puntare a racimolare milioni di utili ogni anno, allora si potrebbe parlare di “qualità del servizio”.
Si può parlare di qualità del servizio quando tutta la popolazione può avere accesso all’offerta postale ovunque si trovi, e a prezzi popolari. Al momento, i vertici postali parificano la “qualità del servizio” con la quantità di utili raccolti in un anno.
La Posta (così come le FFS, d’altro canto), come detto, è un servizio pubblico, quindi le stessa dovrebbe rendersi conto di chi sono i suoi veri padroni. Non sono i dirigenti postali, e non è il Consiglio Federale: è la stessa popolazione svizzera. Ed è proprio quest’ultima che dovrebbe far sentire la sua voce, reclamando il mantenimento del servizio postale pubblico.

Partito Comunista