E’ morto giovedì mattina in una clinica a Roma, all’età di 60 anni, Pietro Mennea, ex velocista italiano, olimpionico e primatista mondiale dei 200 metri dal 1979 al 1996.

La camera ardente è stata allestita nella sede del Coni, a Roma. Il presidente Giovanni Malagò ha disposto la bandiera a mezz’asta listata a lutto e un minuto di silenzio prima di tutte le manifestazioni sportive in programma da oggi fino a domenica.

mennea1

“Mennea popolaresco, introverso, revanscista, proletario – scrive il quotidiano La Stampa – sapeva di sospetti di doping, per un suo incauto muoversi presso il dottor Kerr, il Cagliostro dei Giochi di Los Angeles 1984, ma era riuscito a spiegare la propria ingenuità e la propria conseguente pulizia.
Aveva un grande nemico in Primo Nebiolo, presidente della federazione di atletica, uno che pensava in piemontese mentre lui pensava in pugliese anzi in barlettano, lui che si riteneva più fenicio che levantino.
Mennea, che era arrivato all’atletica da povero, chiedeva di essere aiutato a diventare quasi ricco, Nebiolo era debole di udito.
Ci sono stati scontri forti, abbracci più forti ancora e però sempre un poco pitoneschi, e chissà che a Mennea il suo grande primato dei 200, 19”72 all’Universiade del 1979, a Città del Messico, non abbia posto qualche problema perché in fondo lui aveva celebrato il suo record massimo nella manifestazione sportiva che era il tempio itinerante di Primo Nebiolo, appunto dell’Universiade inventore e padrone.
La performance lo vide primo al mondo per 17 anni. L’anno dopo Mennea vinse il titolo olimpico dei 200 a Mosca, edizione dei Giochi però boicottata dall’assenza degli statunitensi e di tante nazioni del blocco occidentale (protesta contro l’Urss che aveva invaso l’Afghanistan).
Grande vittoria comunque, ma il record mondiale in questo caso vale forse di più. Comunque lui gareggiò sino a Seul 1988, prestandosi anche per grandi speranze di una staffetta azzurra.”