La rivoluzione copernicana della piazza finanziaria
Montagne di denaro: da “patrimonio” da gestire a “refurtiva” da temere (sottotitoli miei)

Micocci photoshopIl Tribunale federale ha dunque cancellato l’amnistia fiscale cantonale approvata in votazione popolare dalle cittadine e cittadine ticinesi, ritenendola contraria al diritto federale. La sentenza dell’Alta Corte di Losanna chiude un capitolo giuridico, non il discorso politico, subito riacceso in effetti dai commenti a caldo di alcuni partiti, compreso il PLRT per voce del presidente Rocco Cattaneo. Proprio perché la strada cantonale è sbarrata, diventa ancora più urgente mettere mano a un’amnistia fiscale federale simile a quella del lontano 1969 e non come quella “mini” del 2010 (autodenuncia esente da pena). Un’idea che sostiene da anni, ad esempio, uno specialista del calibro del professor Marco Bernasconi. Ora, sappiamo che la Berna federale non ci sente, ma sappiamo anche che, dopo decenni di certezza e irremovibilità, ha chiuso in pochi mesi il capitolo della gestione di patrimoni non dichiarati e, in fondo, quello del segreto bancario. Dunque, anche Berna può cambiare idea!

A mio avviso, gli argomenti per sollecitare un’amnistia a livello svizzero non mancano. In effetti, oltre alle ragioni di gettito e di economia (il sommerso, infatti, è sottratto non solo al fisco ma, appunto, anche al ciclo economico) ci sono oggi motivi del tutto particolari che legittimano un provvedimento eccezionale quale un’amnistia. Davvero straordinari sono, infatti, tutti quei cambiamenti normativi che dal 2009 ad oggi hanno radicalmente mutato l’approccio svizzero in materia di lotta all’evasione fiscale interna e internazionale. Non è esagerato dire che quello che per decenni è stato considerato un “patrimonio” da gestire ancorché non fosse stato dichiarato, è diventato ora una “refurtiva” da temere. Si badi bene che stiamo parlando, secondo stime, di somme dell’ordine di diverse volte il prodotto interno lordo della Svizzera. Certo, con un po’ di lungimiranza e meno ingordigia da parte dei passati vertici del settore finanziario, molti problemi sarebbero stati evitati. In ogni caso, per la nostra piazza finanziaria e, di riflesso, anche per il nostro Paese, questo è davvero un cambiamento come si dice “epocale”, avvenuto però al ritmo odierno, ovvero molto rapidamente. La scelta è sicuramente corretta di per sé, ciò che ritengo errato è la strada usata per arrivarci. Credo inoltre che nessuno possa permettersi di fare la morale, considerato che proventi della gestione dei patrimoni off-shore hanno alimentato, alla grande, anche le casse pubbliche. Reputo per finire che la prima responsabilità della massiccia evasione fiscale non sia stata della Svizzera, che l’ha ospitata, ma di quegli Stati incapaci di contenere la pressione fiscale o, almeno, di fornire servizi di valore ai loro cittadini. Ciò detto, il punto decisivo rimane un altro.

Oggi ci vuole un intervento della politica federale, sollecitata in primo luogo dal Ticino, per chiudere un’epoca, sì, ma nel modo migliore. È come se, nell’ambito finanziario, avessimo reintrodotto il divorzio per colpa. Bisogna evitare che il passaggio dal “prima” al “dopo” della piazza finanziaria elvetica sia contrassegnato, per una buona decina di anni, soprattutto da innumerevoli procedimenti penali, amministrativi, civili, fiscali sia Svizzera che all’estero, e lì proprio grazie a informazioni ottenute dal nostro Paese. L’intervento federale, non necessariamente in un unico atto, dovrebbe riguardare molti aspetti. Stimolare fortemente all’autodenuncia i contribuenti svizzeri, pensando anche ai loro conti all’estero, spingendo così anche verso il rientro dei relativi patrimoni, visto che tutti fanno le loro voluntary disclosure, salvo noi. Esentare da sanzioni gli intermediari finanziari locali, ma anche restringere l’assistenza amministrativa e penale per condotte precedenti l’entrata in vigore delle future nuove norme svizzere relative ai capitali non dichiarati. Inoltre, un intervento federale ampio federale potrebbe comprendere norme per abolire l’imposta preventiva e sviluppare quindi il mercato obbligazionario.

Dobbiamo avere il coraggio di dire che abbiamo finalmente chiuso un capitolo ma non vogliamo giustizia retroattiva, processi a orologeria o lotte economiche camuffate da nobili battaglie legali. Le migliaia di donne e uomini che della piazza finanziaria sono stati (e sono tuttora!) la prima risorsa non possono essere lasciati alla mercè dei tempi della prescrizione all’estero di reati che potrebbero avere commesso nonostante abbiano agito nel rispetto delle leggi svizzere. Dopo aver chiuso tutti un occhio, per decenni, non possiamo diventare ipocriti nel comportarci come se nessuno avesse mai visto, voluto o guadagnato nulla.

Mi rendo conto che gli interventi necessari per chiudere un capitolo senza eccessivi danni e punizioni ingiuste sono molti, complessi e difficili. Ma vogliamo aspettare di vedere i volti della nostra piazza sulle pagine dei giornali italiani o entrare e uscire dai palazzi di Giustizia? E con quali conseguenze? E senza andare lontano, che ne sarà dei contribuenti che in Ticino, fiduciosi nella decisione del Parlamento, hanno aderito all’amnistia ticinese, ora spazzata via dal Tribunale Federale? Pagheranno fattura piena mentre chi è ancora nell’ombra non pagherà nulla? Se davvero vogliamo occuparci del futuro, anche di quello della nostra piazza finanziaria, con rinnovata competenza e nel segno della trasparenza, impariamo ad essere giusti con il passato e non giustizialisti.

Natalia Ferrara Micocci, avvocato, candidata PLRT al Consiglio di Stato