Marino mungeCome avevamo promesso, ecco – a far da “pendant” al pezzo “colpevolista” di Gianna Finardi – spuntare un difensore di Ignazio Marino. Le sue colpe non erano gravi, lui rappresenta l’alternativa alla mafia, Renzi l’ha lasciato cadere.

Parola al laureato Carlo.

RenziPresidente Renzi,

mi chiamo Carlo, sono nato a Roma 28 anni fa, ho una laurea in Scienze Politiche da 14 mesi e da 6 mi barcameno nel mondo del lavoro (precario). Le scrivo questa lettera perché Lei, questa mattina, mi ha costretto a fare una cosa che mai mi sarei aspettato in vita mia: andare ad una manifestazione per chiedere che un uomo eletto dalla maggioranza dei cittadini non venisse fatto dimettere (e la differenza con un eventuale “non si dimettesse” non è casuale, purtroppo per lavoro ho dovuto seguire tutta la diretta su Sky Tg24).

In un sistema di democrazia rappresentativa funzionante, io e il candidato firmiamo un contratto: io lo voto, e lui – in caso di vittoria – fa quello che si era candidato a fare per la durata prestabilita.

Non ho votato Ignazio Marino al primo turno. Non solo perché era troppo borghese per me, ma anche per dare una risposta molto forte dopo i 5 anni di gestione Alemanno che avevamo vissuto. E per chi ha vissuto a Roma senza chiudere uno, due o tremila occhi al giorno capiva bene quale piega stava prendendo la città. Fortunatamente per noi – e con noi intendo la cittadinanza romana – al ballottaggio eravamo il 64% degli aventi diritto.

Ecco, io che al ballottaggio votai Marino dicendo “mi turo il naso“, ho espresso il mio voto e mi sono ricreduto nel giro di pochissimo tempo. Una grossa fortuna al giorno d’oggi.

Per arrivare dritto al punto vorrei utilizzare le parole del sindaco di Parigi: “Resterà per me il sindaco che ha osato sfidare la mafia“. Dicevamo: ho 28 anni, una laurea in Scienze Politiche e sono stato cresciuto dalla mia famiglia con valori democratici, attenzione al prossimo e senso di giustizia. Sono stato educato in una scuola parificata nei primi anni della mia vita. Ho studiato in un liceo classico di Roma nel quale, entrando, potevi leggere “Roccaforte Bolscevica” in rosso e a chiare lettere. Erano gli anni del berlusconismo che sembrava non avere fine, gli anni delle guerre in Afghanistan ed Iraq.

Ho concluso i miei studi nella facoltà di Scienze Politiche più di destra della città (tra le due pubbliche, almeno), laddove l’aula occupata del collettivo veniva fatta chiudere a suon di botte da gente che nella propria aula di riferimento teneva spranghe e catene. Erano gli anni di “Romanzo Criminale – la serie”. Erano gli anni di Alemanno sindaco, delle sparatorie quasi ogni giorno. Quando a Roma si gambizzava come fosse una cosa normale al punto che accadeva anche nei fast food.

Notizie che non uscivano, Roma si riempiva esponenzialmente di prepotenti e impuniti, di wannabe Dandi e Libanesi, e a noi nipoti della povertà e figli della bassa borghesia, che abbiamo sempre dovuto pensare prima alla sopravvivenza che alla carriera, la cosa ci puzzava tanto di mafia. Tre esperienze di formazione tanto diverse tra loro mi avevano istituzionalmente insegnato tutte e tre la stessa cosa riguardo la mafia, e anche qui mi avvalgo delle parole di qualcuno più importante di me: la mafia è una montagna di merda.

Presidente, questa domenica mattina io sarei dovuto rimanere a letto. Questa mattina io avrei dovuto avere ancora il sentore che qualcosa fosse ancora possibile, che l’equazione Italia=Mafia non fosse forzatamente vera.

Marino è un uomo, può aver sbagliato come sindaco e come politico, ma sfido qualunque uomo a non farlo. I suoi precedessori li ricordiamo per essere dei veri e propri esperti nel campo degli errori. Quale senso ha allora insegnarci per anni – e ogni anno – le storie di Falcone e Borsellino, come fosse un mantra? A cosa è significata la morte di Peppino Impastato se un uomo che ha denunciato le mafie romane viene costretto a dimettersi per due scontrini, una Panda in sosta vietata e degli attriti col vaticano? Un uomo che riceveva continuamente minacce di morte?

E perché è stato fatto senza chiedere il parere degli elettori, dei TUOI elettori, Matteo (e qui non parlo al premier, parlo da cittadino a rappresentante)? E perché neanche una parola su Facebook quel giorno (e successivi) nonostante tutti sappiamo che senza il Suo intervento non si sarebbe arrivati a tanto? E se anche fossero stati tutti gli assessori e consiglieri del Suo partito, Presidente, perché lo hanno fatto? Forse perché le altre forze politiche giocano a fare gli strilloni sui social network e si arrogano anni di favori e commistioni mafiose in Campidoglio fino a fermare una città su tutti i servizi pubblici? Arrivando fino alla sfacciataggine di eventi clamorosi che hanno ridicolizzato la città?

Il mio parere non è stato chiesto. In democrazia rappresentativa ci si esprime una volta sola. E non è giusto che la mia decisione venga cambiata prima del tempo per un presunto peculato, e a lei conviene che sia così. E qui per farmi ancora più chiaro, utilizzo nuovamente le parole di qualcuno molto più importante di me: Lei, Presidente Renzi. “Ai cittadini interessa che si sistemino le strade e i giardini, non le liti tra correnti.” A noi delle liti tra correnti non ci interessa proprio. Non ce ne viene nulla ma anzi ci viene tolto qualcosa che avevamo scelto. Per questo quello del Partito Democratico è stato un atteggiamento autoritario. Dovevate rispettare la decisione della cittadinanza romana. O tirare fuori argomentazioni più valide.

E mi permetta di chiederLe quel plauso a chi ha avviato il processo democratico in Tunisia, nel giorno in cui ha invalidato la mia scheda prendendola dall’urna e strappandola, cosa sta a significare? Come lo dovrei prendere?Devo dare ragione ai 5stelle e Salvini? Dove dovrei guardare ora io, elettore di sinistra? Chi mi fa sentire rappresentato in Parlamento? Quando arriverà un altro sindaco capace di parlare così apertamente della mafia a Roma, pensando a 50 anni di predecessori che mai hanno detto una parola? Perché ha invalidato la mia scheda così?

La mia scheda e quella del 64% dei romani che si sono recati alle urne, senza contare del voto di coloro che pagando 2€ lo avevano scelto alle primarie. Persone che oggi in piazza non si sentivano più rappresentati dal suo partito e che hanno giurato di non considerarvi più una forza politica meritevole di voto, al pari di populisti, estremisti di destra e razzisti che ogni giorno, con grande fatica, stavamo cercando di allontanare dai posti che contano grazie ad un uomo con il coraggio di esporsi.

Non c’erano bandiere oggi in piazza, Presidente. Fisicamente ce n’erano due: una del P.C.I., un’altra dell’Italia. Però c’erano tante persone. E’ una colpa essere la maggioranza silenziosa? Ci pensi bene, perché è la sua base, il Suo bacino di voti più grande.

Sorvolo ogni commento su eventuali pressioni vaticane perché da scienziato politico di formazione democratica di sinistra riterrei offensivo per entrambi stare qui a parlare di come dovrebbe essere e, pur essendo oramai il 2015, ancora non è.

Io spero che Lei si renda conto, e se ci fosse stato stamattina in Campidoglio lo avrebbe potuto respirare, che se fosse stato Berlusconi a compiere un gesto così saremmo stati un milione di cittadini in piazza a gridare alla dittatura e al fascismo.

 Valeva veramente la pena?

Spero di avere almeno la sua attenzione, se non il suo pur minimo interesse.

Carlo