Le due più grandi potenze economiche del mondo hanno raggiunto due giorni fa un accordo commerciale in tempi record. Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping si sono incontrati lo scorso aprile a Mar-a-lago, in Florida, dopo mesi di polemiche, e il risultato è stato un accordo che il segretario al Commercio Usa Wilbur Ross ha definito un “risultato erculeo” e un “nuovo apice nei rapporti bilaterali”.

Più in particolare l’accordo prevede una maggiore apertura da parte della Cina ai produttori statunitensi di carne bovina ma anche a quelli del gas naturale liquefatto, aziende specializzate nei sistemi di pagamento elettronico e infine ai servizi delle società di valutazione di credito. In cambio, gli Usa accolgono il pollame (cotto) cinese e gli investimenti diretti previsti a breve.

Svanite nel nulla le accuse di Trump a Pechino di manipolazione della valuta, sostituite da toni pacati, colloqui sull’interscambio commerciale e una maggiore cooperazione anche sulla crisi nucleare con la Corea del Nord, il tutto in concomitanza con un importante summit economico globale previsto per questo fine settimana in Cina.

Meno entusiasta di Wilbur Ross si dimostra invece l’intero mondo aziendale e analitico americano che ha preso con le pinze i risultati dei colloqui, incerti dell’effettiva realizzazione dei buoni propositi. L’associazione imprenditoriale Chambre of Commerce ha espresso la speranza che la Cina possa innanzitutto rispettare gli impegni, già presi in passato mentre Trump ha promesso di combattere il disavanzo commerciale di 347 miliardi di dollari che gli USA hanno con la potenza asiatica.