Dopo cinque anni, si è finalmente concluso il processo sulla trattiva stato e mafia. La corte di Assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, ha pronunciato ieri le pesanti condanne che hanno interessato l’ex senatore di Forza Italia Marcello dell’Utri (12 anni), l’ex colonnello del ROS Giuseppe De Nonno (10 anni), entrambi per Minaccia e Violenza a Corpo politico dello Stato. Oltre a loro, dovrà scontare 28 anni il boss mafioso Leoluca Bagarella e 8 anni per associazione mafiosa Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo. Assolto invece l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.

Nel corso del processo ci sono state circa 220 udienze e sono stati ascoltati più di 200 testimoni, tutto nel tentativo di fare chiarezza su alcune presunte trattitve che i politici e i carabinieri avrebbero intrattenuto con la mafia allo scopo di far cessare le stragi che hanno ucciso Salvo Lima, Ignazio Salvo, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e molti altri.

Secondo quanto dichiarato dai magistrati, alcuni funzionari dello Stato “hanno ceduto, per paura o incompetenza, illudendosi che la concessione di una attenuazione del regime carcerario del 41 bis potesse far cessare le bombe e il piano criminale di devastazione di vite e obiettivi. Cosa che non avvenne”.

In cambio, i politici avrebbero appunto offerto ai criminali alcune concessioni per i mafiosi che si trovavnao già dietro le sbarre e secondo i fatti emersi dalle indagini, la mafia ne avrebbe davvero tratto benenficio. La prova principale che i magistrati hanno portato si basa sul fatto che oltre 300 mafiosi condannati non si sono visti rinnovare il 41bis. Oltre a questo, secondo i magistrati, particolarmente sospetto anche l’arresto di Bernardo Provenzano, immediato successore di Totò Riina. L’arresto sarebbe stato impedito dal generale dei carabienieri Mario Mori ma in realtà quest’ultimo fatto non è mai stato provato Mori era stato assolto da tutte le accuse.

Nel corso del processo l’effettiva esistenza della trattativa fu messa in discussione diverse volte ma i pubblici ministeri hanno comunque concluso che lo Stato “si è messo nelle mani della mafia”, cedendo al ricatto.