L’obsolescenza programmata si è rivelata essere un trucco costoso per Apple, l’azienda leader nella produzione degli smartphone. Il tutto era cominciato quando alcuni consumatori statunitensi si erano lamentati del fatto che la performance dei loro apparecchi era notevolmente peggiorata dopo aver installato alcuni aggiornamenti del sistema operativo (iOS). Messa alle strette Apple ha dovuto ammettere che in effetti il rallentamento delle funzionalità dell’iPhone era voluto ed aveva lo scopo di ostacolare il funzionamento degli smartphone nei periodi di maggior utilizzo. Le batterie più vecchie, che non erano in grado di supportare tali funzioni, si sovraccaricavano provocando improvvisi e continui spegnimenti del telefono. Tale strategia non era stata comunicata ai consumatori che pertanto erano portati a pensare che i malfunzionamento dipendeva dal fatto che l’apparecchio fosse obsoleto ed erano così indotti dalla compagnia a comprarne uno nuovo.

Il fatto ha dato il via a una class action negli Stati Uniti. I consumatori infatti accusano l’azienda di aver volontariamente programmato l’obsolescenza dei prodotti. Nonostante il gigante di Cupertino abbia negato ogni illecito ora sta patteggiando. Apple ha infatti accettato i pagare fino a mezzo miliardo di dollari per chiudere tutte le azioni legali. L’accordo è stato già presentato la scorsa settimana e ora si attende l’approvazione del giudice Edward Davila, in California. Se dovesse essere accettato, l’accordo obbligherebbe l’azienda a rimborsare dai 25 ai 500 dollari tutti i possessori statunitensi di iPhone 6, 6 Plus, 6s, 6s Plus, 7, 7Plus ed SE. I legali della class action hanno definito l’accordo proposto “corretto, ragionevole e adeguato”.

Quando negli USA era scoppiato lo scandalo dell’obsolescenza programmata Apple aveva reagito riducendo il prezzo della sostituzione delle batterie (da 79 a 29 dollari), inoltre il CEO Tim Cook si era pubblicamente spiegando l’errore e ammettendo che c’è stato un grave problema nella politica di comunicazione.