Lockdown ristorante

Un pensiero di Amalia Mirante

Come Pensiero del giorno abbiamo scelto, dal web, questo testo intessuto di forte empatia. Amalia Mirante è una donna di sinistra (più volte candidata al Consiglio di Stato sulla lista PS) ma non sposa quel “chiusurismo” ossessivo, diventato ormai una bandiera rossoverde.

Bello come sa cogliere e descrivere l’ansia e l’amarezza di questi lavoratori dal futuro incertissimo, che – se falliscono – l’avranno fatto per il (presunto) bene comune.

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Immagine Pixabay

Magari proprio adesso qualcuno sta seduto nella penombra del suo ristorante. Chiuso. Contempla il vuoto nel locale e il vuoto dentro di sé.Al chiuso in un posto dove ha investito risparmi, passione, sogni. Certo, ha ascoltato i motivi per cui le autorità ritengano che questo luogo debba rimanere chiuso. E li rispetta. Ma si chiede con angoscia quando finirà.

Tenere chiuso il locale che gli dà da vivere, che gli ha riempito la vita di gioie e preoccupazioni: è davvero questa l’unica soluzione praticabile? Non si considera un egoista. Anzi, non vorrebbe essere condannato come tale solo perché il suo cuore è pieno di angoscia. La pandemia finirà, lasciandosi dietro una scia di dolore e lutti. E tra le vittime della pandemia ci saranno anche tante realtà imprenditoriali, non di lusso, non di alto livello, non di privilegio. Ma di lavoro, di fatica, di passione.

Prima di crocifiggere ristoratori e proprietari di esercizi pubblici (o i loro rappresentanti) per il grido di dolore che hanno elevato, guardiamoci dentro: cerchiamo di non stilare classifiche nel dolore e nell’angoscia. Chi ha un lavoro solido, che non dipende dalle aperture e dalle chiusure imposte dall’autorità, difficilmente può capire cosa prova chi, invece, non sa se mai riaprirà.

Oggi a queste persone che pagano un prezzo diretto per una scelta di pubblico beneficio, io esprimo la mia solidarietà. Solidarietà! Perché chi vuole vivere e lavorare non va trattato da egoista. Mai. Nemmeno se appartiene a categorie che alcuni trovano meno degne di altre: i ristoratori, i proprietari di palestre o di bar, quelli che organizzano eventi o vivono dell’indotto turistico. Non sono egoisti perché vogliono quello che vogliamo tutti. Lavorare. E vivere.