20091101 - ROMA - CRO : CARCERI: SUICIDIO BLEFARI, IMPICCATA IERI SERA CON LENZUOLA. Un interno del carcere di Rebibbia, a Roma, in un'immagine d'archivio. La neo brigatista Diana Blefari Melazzi, condannata all'ergastolo per l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, si e' impiccata ieri sera, attorno alle 22:30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si e' appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che - si e' inoltre appreso - avrebbero sciolto con difficolta' i nodi delle lenzuola con cui la neo brigatista si e' impiccata in cella e avrebbero provato a rianimarla senza pero' riuscirvi. ANSA / ALESSANDRO DI MEO / ARCHIVIO / PAL

Per anni le autorità americane hanno cercato di mettere il milionario 78enne Robert Durst dietro le sbarre, come responsabile di omicidio. Il tribunale di Los Angeles lo ha condannato giovedì all’ergastolo per aver ucciso più di 20 anni fa la sua migliore amica e confidente Susan Jane Berman, una giornalista all’epoca 50enne, figlia del mafioso ebreo-americano di Las Vegas, David Berman.

La sentenza arriva sei anni dopo che la serie televisiva The Jinx lo ha messo sotto i riflettori rendendolo famoso come soggetto della serie stessa “The Life and Deaths of Robert Durst”.

Il serial della rete televisiva americana a pagamento Home Box Office (HBO), diretto dal regista Andrew Jarecki, raccontava l’omicidio di Berman, così come la scomparsa della moglie di Durst e la morte nel 2001 del vicino di casa Morris Black, a Galveston in Texas, dove Durst si nascondeva travestito da donna sordomuta. Il giorno prima della messa in onda dell’ultima puntata, il 14 marzo 2015, Durst è stato arrestato dall’FBI a New Orleans con l’accusa di omicidio di primo grado.

Susan Berman era una scrittrice di gialli, dove in alcuni descrisse la sua vita come figlia di una figura importante della criminalità organizzata. Cresciuta inizialmente a Las Vegas, in seguito si trasferì in California dove negli anni delle superiori aveva amicizie come Jann Wenner e Liza Minnelli. I pubblici ministeri hanno sostenuto che Durst aveva ucciso a bruciapelo Berman nella sua casa di Beverly Hills per impedirle di raccontare alla polizia quello che sapeva della scomparsa della moglie 29enne Kathie McCormarck avvenuta nel 1982. Berman aveva fornito a Durst un alibi telefonico quando McCormarck scomparse, e per questo fu colpita alla nuca proprio mentre si preparava a raccontare alla polizia come avesse aiutato a coprire l’omicidio della moglie.

Per molti anni il regista Andrew Jarecki si era immerso nel mondo dell’eccentrico magnate, erede immobiliare di New York, dirigendo prima il film “All Good Things” del 2010 con Ryan Gosling nei panni di Durst e Kirsten Dunst nei panni della moglie, e successivamente “scavando” nelle tre uccisioni di cui Durst era a lungo sospettato. Durante le numerose interviste, Jarecki si era reso conto che Durst era a suo agio nel parlare della scomparsa delle tre vittime, e parlando in modo disinvolto, sono uscite molte cose che sono risultate incriminanti per lui. Quindi Jarecki e il suo staff, raddoppiarono gli sforzi per affrontare il passato di Durst, che era convinto di non poter essere collegato alla vicenda.

“Solo l’assassino avrebbe potuto scriverla”, disse Durst a Jarecki durante un’intervista quando emerse una nota anonima inviata alla polizia che li indirizzava al corpo di Berman. Il fatto è che la calligrafia di quella nota presentava forti somiglianze con una lettera che Durst aveva inviato a Berman un anno prima di ucciderla. Non solo calligrafia identica, ma Beverly Hills era scritto erroneamente su entrambi i documenti come “Beverley” Hills.

Il procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, John Lewin, ha usato nelle sue dichiarazioni di apertura del processo le stesse parole dell’accusato pronunciate lo stesso giorno dell’arresto a telecamere spente: “Che diavolo ho fatto? Li ho uccisi tutti, ovviamente”.  Inoltre, anche “Ecco. Sei stato preso”, è stato registrato mentre l’imputato mormorava in bagno. Gli stessi giudici hanno riconosciuto che la serie televisiva e tutta la documentazione raccolta durante le interviste sono state fondamentali per la condanna di un assassino definito “psicopatico narcisista”.

“Un errore molto, molto, molto grande”, avrebbe detto Durst in seguito in merito al suo coinvolgimento nella serie televisiva. “È molto difficile credere e accettare, che abbia scritto la lettera e non abbia ucciso Susan Berman”, ha confessato in tribunale.

Il verdetto è stato collegato agli altri omicidi, e la sua condanna esclude ogni possibilità di condizionale, il che significa che probabilmente morirà in prigione. Ora si spera che possa far sapere dove trovare il corpo della moglie Kathie.