Il primo ministro socialista spagnolo Pedro Sánchez, ha promesso di abolire la prostituzione.
Lo ha detto domenica a Valencia, davanti una platea riunita al termine dei tre giorni del 40esimo congresso nazionale del Partito socialista dei lavoratori (Psoe), di cui è anche segretario generale, riprendendo un impegno scritto nel suo programma elettorale nel 2019 che definiva la prostituzione “uno degli aspetti più crudeli della femminilizzazione della povertà e una delle peggiori forme di violenza contro le donne”.
Il Psoe, fondato 142 anni fa, è attualmente la principale formazione della coalizione di centro sinistra che si trova a governare grazie all’alleanza del partito di sinistra Unidas Podemos. Sánchez, 49 anni, sfruttando l’occasione del congresso, vuole rafforzare la sua leadership interna al partito dopo essere stato oltre 3 anni a capo del governo spagnolo.
Durante il discorso Sánchez ha evidenziato le politiche introdotte dal suo governo, tra le quali la legge contro la violenza domestica e l’aumento del minimo salariale che, a suo avviso, hanno aiutato il Paese ad andare avanti.
Dopo 26 anni che la Spagna l’ha depenalizzata, Sánchez vuole bandire la prostituzione con una legge che la vieta e punisca coloro che ne traggono profitto, compreso i clienti e i luoghi che consentono la vendita del sesso, denunciando la pratica di schiavitù delle donne.
La prostituzione è legale in molti paesi europei, tra cui Germania, Svizzera, Austria e Grecia, e i suoi sostenitori affermano che la legalità ha portato enormi benefici alle donne che lavorano rendendo la loro vita più sicura. I critici affermano però, che i paesi che l’hanno legalizzata o depenalizzata, hanno spesso sperimentato un’ondata di traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione e altri crimini correlati.
Attualmente la prostituzione in Spagna non è regolamentata dalla legge, malgrado sia illegale come lo è lo sfruttamento sessuale. Chi offre servizi sessuali a pagamento di propria spontanea volontà non viene punito a patto che non vengano svolti negli spazi pubblici. Anche se non riconosciuto come un lavoro regolare, in Spagna ci sono un gran numero di case chiuse. Uno studio delle Nazione Unite ha citato la Spagna come il terzo più grande centro di prostituzione al mondo, dopo la Thailandia e Porto Rico, con un’industria del sesso che vale oltre 4,5 miliardi di dollari con oltre 300 mila donne come forza lavoro.
Negli anni ’80 la maggior parte delle prostitute erano spagnole, ma dall’inizio degli anni 2000, la maggior parte sono donne migranti provenienti da paesi europei poveri, dall’America Latina e dall’Africa. Migranti che sono vulnerabili allo sfruttamento. Un tema molto legato alle preoccupazioni sull’immigrazione clandestina.
La Spagna vuole abolire il lavoro immorale
Il primo ministro socialista spagnolo Pedro Sánchez, ha promesso di voler abolire la prostituzione.
Lo ha detto domenica a Valencia, davanti una platea riunita al termine dei tre giorni del 40esimo congresso nazionale del Partito socialista dei lavoratori (Psoe), di cui è anche segretario generale, riprendendo un impegno scritto nel suo programma elettorale nel 2019 che definiva la prostituzione “uno degli aspetti più crudeli della femminilizzazione della povertà e una delle peggiori forme di violenza contro le donne”.
Il Psoe, fondato 142 anni fa, è attualmente la principale formazione della coalizione di centro sinistra che si trova a governare grazie all’alleanza del partito di sinistra Unidas Podemos. Sánchez, 49 anni, sfruttando l’occasione del congresso, vuole rafforzare la sua leadership interna al partito dopo essere stato oltre 3 anni a capo del governo spagnolo.
Durante il discorso Sánchez ha evidenziato le politiche introdotte dal suo governo, tra le quali la legge contro la violenza domestica e l’aumento del minimo salariale che, a suo avviso, hanno aiutato il Paese ad andare avanti.
Dopo 26 anni che la Spagna l’ha depenalizzata, Sánchez vuole bandire la prostituzione con una legge che la vieta e punisca coloro che ne traggono profitto, compreso i clienti e i luoghi che consentono la vendita del sesso, denunciando la pratica di schiavitù delle donne.
La prostituzione è legale in molti paesi europei, tra cui Germania, Svizzera, Austria e Grecia, e i suoi sostenitori affermano che la legalità ha portato enormi benefici alle donne che lavorano rendendo la loro vita più sicura. I critici affermano però, che i paesi che l’hanno legalizzata o depenalizzata, hanno spesso sperimentato un’ondata di traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione e altri crimini correlati.
Attualmente la prostituzione in Spagna non è regolamentata dalla legge, malgrado sia illegale come lo è lo sfruttamento sessuale. Chi offre servizi sessuali a pagamento di propria spontanea volontà non viene punito a patto che non vengano svolti negli spazi pubblici. Anche se non riconosciuto come un lavoro regolare, in Spagna ci sono un gran numero di case chiuse. Uno studio delle Nazione Unite ha citato la Spagna come il terzo più grande centro di prostituzione al mondo, dopo la Thailandia e Porto Rico, con un’industria del sesso che vale oltre 4,5 miliardi di dollari con oltre 300 mila donne come forza lavoro.
Negli anni ’80 la maggior parte delle prostitute erano spagnole, ma dall’inizio degli anni 2000, la maggior parte sono donne migranti provenienti da paesi europei poveri, dall’America Latina e dall’Africa. Migranti che sono vulnerabili allo sfruttamento. Un tema molto legato alle preoccupazioni sull’immigrazione clandestina.
Un manifesto firmato nel 2020 da un centinaio di accademici, artisti, scrittori giuristi ed ex prostitute, chiedeva l’abolizione della prostituzione in Spagna, sottolineando che un’alta percentuale di prostitute erano donne che vivevano in povertà, senza che esistesse nessuna prova che avessero scelto quel lavoro rispetto a qualche altra valida alternativa.