Luca Steinmann, giornalista freelance e docente, collaboratore dall’Italia per il Corriere del Ticino e inviato reporter, racconta a Ticinolive il recente viaggio intrapreso in Siria per conto di Stampa Estera Milano, dal quale sarà poi tratto un documentario, presentato, in estratto, al Festival del Cinema di Locarno, ad agosto. Isis e combattenti, Siria e speranza. Dalla tragedia mediorientale, all’impatto che questa sta avendo sull’Europa in termini di Immigrazione e sicurezza.

2017

Palmira. Foto scattata da Luca Steinmann

“Palmira è incredibile. Una piccola cittadina del deserto sorge di fianco a rovine imponenti. Di esse, in piedi è rimasto molto, ma molto è anche a terra. Le colonne sono macchiate di sangue, recano ancora i segni delle impiccagioni e crocifissioni avvenute, ad opera dell’Isis, su di esse. Sotto gli archi, ancora i resti dei covi dei ribelli, con graffiti e scritte a pennarello indelebile inneggianti allo stato islamico. L’obiettivo dei ribelli era distruggere la civiltà siriana, minandone le fondamenta.

Farebbe un quadro storico della genesi dell’Isis?
Dal 2005 nell’Iraq post Saddam Hussein, nuclei di persone – islamisti – si ritrovano in un paese destabilizzato, in cui l’intervento USA aveva represso sì un regime sanguinario di un dittatore che, tuttavia, reprimeva l’islamismo con la forza e offrendo anche alternative sociali. Pertanto si scatena il caos, mentre gli USA affidano il governo a una giunta Sciita. I terroristi dell’Isis hanno fatto leva su questo sentimento di repressione percepito dai sunniti, inglobano ex membri del governo di Saddam, ricalcando uno stato simile a quello del dittatore. Dal 2011 e soprattutto dal 2014 questo nucleo si espande, grazie a finanziamenti, in Siria e in Iraq andando a creare il sedicente stato islamico. Anche alcuni gruppi di ribelli non inizialmente islamisti giurano fedeltà all’Isis, riconoscendosi in esso, anche poiché l’Isis è in grado di pagare i miliziani con degli stipendi.

Da chi arrivano i finanziamenti?
In Siria ho intervistato alcuni leader di gruppi jihadisti, oggi pentiti. Mi hanno spiegato come le loro organizzazioni vivessero con finanziamenti provenienti da Qatar e Arabia Saudita. Nei suddetti stati hanno propri esponenti che fanno riferimenti a organizzazioni private, vere e proprie Charity Foundation, che elargiscono ai ribelli cifre come milioni di dollari, con il prospetto di alimentare la guerra in Siria, destabilizzandone l’ordine interno. Personalmente ho intervistato il leader di un noto partito siriano che mi ha riferito di essersi incontrato nel 2011 con gli esponenti del governo del Qatar a Beirut, che gli offrì milioni di dollari perché sostenesse e alimentasse la rivolta contro Assad.

“Isis symbols vandalizing syrian cities” il reporter Luca Steinmann in Siria

Selvaggia Lucarelli e la disinformazione sui social. E’ intervenuto in proposito…

Ho personalmente risposto a Selvaggia Lucarelli da Damasco, in quanto lei aveva postato una foto di un rituale cittadino a Douma, roccaforte ribelle vicino alla capitale siriana, facendo erroneamente passare l’idea che in quelle immagini, pacifiche e serene, fosse rappresentato lo stile di vita che i ribelli propongono. In verità Douma è controllata da uno dei tanti gruppi jihadisti e vorrebbe istituire uno Stato fondato sulla Sharia. Per questo le ho risposto che se io avessi provato ad andare a Douma probabilmente mi sarebbe stata tagliata la gola.

 Assad è generalmente odiato da blogger e giornalisti?
Negli ultimi decenni la famiglia Assad ha utilizzato tutti i mezzi militari possibili che aveva a disposizione per reprimere le opposizioni al sistema che hanno istituito, pertanto è comprensibile che alcuni giornalisti e intellettuali che dovettero fuggire negli anni passati gli siano ostili. C’è però un altro motivo, politico, sintetizzabile nel fatto che Assad sia nemico della Turchia – stato membro della Nato – e dell’Arabia Saudita, alleata dei più influenti Paesi occidentali e che sta tentando di estendere estendere la propria egemonia sulla regione, tra cui anche sulla Siria.Chi sono i paesi sostenitori dell’Arabia Saudita?
In primis Stati Uniti e Francia (il presidente Hollande aveva dato persino la Legion d’Onore al re Saudita).
Arabia Saudita e Iran si contendono l’egemonia sul Medioriente, poiché l’Iran è alleato della Siria di Assad, (io personalmente ho incontrato combattenti iraniani sciiti che in Siria combattono dalla parte del governo) USA e Francia, in funzione antiiraniana (e perciò anti Assad), coltivano rapporti con l’Arabia Saudita sostenendola perciò nella sua azione di espansione in Medioriente. La contrapposizione tra Iran e Arabia Saudita è l’espressione politica di quella tra sciiti e sunniti. Questa più che teologica è politica, in quanto l’apposita creazione spinge i rispettivi fedeli a dividersi e a rimanere legati ai propri movimenti politici di riferimento.

Cosa pensa della chiusura di Trump ai paesi mussulmani (e non all’Arabia saudita?)
Trump con una propaganda basata sulla sicurezza, vede volutamente nell’Islam un’ideologia ostile, ciò che lo ha portato a limitare gli ingressi ai mussulmani. Questa cesura ha però fornito una forte contraddizione: Trump è andato in Arabia Saudita a stringere rapporti (interrompendo pertanto la linea di Obama che con i sauditi era in attrito) e nella realtà gli interessi sono prevalsi: gli USA si sono schierati con l’Arabia Saudita, creando così una spaccatura all’interno del mondo islamico e inducendo i sauditi a prendere ufficialmente le distanze dal terrorismo e a tentare di scaricare le responsabilità per la destabilizzazione della Siria sul Qatar. Da qui la crisi diplomatica in corso tra i due Paesi che, possiamo dire, sia figlia dell’azione di Trump.

L’Arabia Saudita è genitrice di terrorismo?
Di fatto l’obiettivo dei Sauditi è di scaricare la colpa sul Qatar, dissociandosi verbalmente dal terrorismo. Il governo saudita sostiene di non avere mai alimentato la ribellione in Siria. Va sottolineato però un legame ideologico con la dottrina dell’Isis. Nei covi dell’Isis in Siria, ho trovato diverso materiale di ispirazione wahabita, dottrina nata (e diffusasi) proprio in Arabia Saudita.

Intervista di Chantal Fantuzzi