di Carola Barchi

Sabato 25 novembre ricorre la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. La ricorrenza cade quest’anno due settimane dopo la tragica morte di Giulia Cecchetin, uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, caso a cui anche i media ticinesi hanno dato grande risalto. Da mesi i media italiani e di riflesso del nostro Cantone, riportano notizie di femminicidi, di stupri a giovani donne, a volte minorenni, ad opera di branchi di giovani maschi e di violenze perpetrate contro donne, che giustamente creano indignazione e dibattito nella società. Ormai è chiaro: la violenza contro le donne, dagli abusi fisici e psicologici, fino all’omicidio, passando per gli stupri, riguarda tutti i ceti sociali e i gradi d’istruzione – tanto che in Italia negli ultimi anni anche figli di politici di primo piano come Grillo e La Russa sono stati denunciati – e non solo, come ci veniva raccontato qualche anno fa da una destra xenofoba, ambienti d’immigrazione di cittadini provenienti dai Paesi a maggioranza musulmana.

Non va mai dimenticato che i casi che vengono trattati dai media, italiani quanto ticinesi, sono solo la punta dell’iceberg delle violenze che quotidianamente le donne subiscono. La Casa delle Donne di Lugano assiste molte donne, le cui storie ovviamente non vengono trattate dai media, ma non per questo il loro vissuto di violenza e sopraffazione deve essere banalizzato.
Ci indigniamo per la violenza sulle donne, ma l’indignazione non basta!

Se si vuol debellare questo fenomeno, bisogna mettere in campo una strategia articolata, che sappia intervenire sulla prevenzione e su un cambiamento dei paradigmi culturali, su modifiche legislative e del codice penale, e soprattutto sulla presa a carico di tutte le donne che hanno bisogno di assistenza e ascolto per le violenze subite.

Credo che l’aiuto alle donne vittime di violenza non sia un semplice bisogno, ma un diritto insindacabile! Se ad un bisogno sociale può essere corrisposta una prestazione o dei servizi, un Diritto è un principio che lo Stato deve applicare. I tagli preannunciati dal Cantone, anche in materia di assistenza alle donne vittime di violenza, denotano ancora una volta che in Ticino prevale la mentalità del bisogno, invece che quella dei diritti.

Ecco perché è importante scendere in piazza sabato 25 novembre a Bellinzona: per rivendicare, ancora una volta, che è un diritto delle donne non essere più vittime di violenza. Nel 2023 l’assistenza alle donne vittime di violenza non è una voce di spesa dello Stato che può essere tagliata! La società civile, con il volontariato, con donazioni e con un lavoro immenso, fa già la sua parte e sicuramente si impegnerà ancora maggiormente per mettere in cantiere iniziative di supporto all’aiuto alle donne vittime di violenza. Questo maggior impegno nella ricerca di risorse umane e finanziarie non deve supplire a un arretramento dell’impegno dello Stato, ma semmai essere complementare, per un adeguata lotta contro le violenze sulle donne. L’obiettivo, che credo tutti condividiamo, è che in una società realmente democratica ed evoluta questa piaga sociale sia debellata.

Come “Pane e Rose”, associazione costituita quest’anno per supportare il lavoro della Casa delle Donne, la nostra parte la faremo, con impegno e dedizione, ma lo Stato non deve tagliare su chi opera con abnegazione sul campo.Carola Barchi, presidente di “Pane e Rose”.