Uno studioso ungherese, Tibor Mende, pubblicò nel ’62 un bel saggio “La Cina è alle spalle”. Era una Cina sottosopra reduce da battaglie ingloriose del grande timoniere e sulle soglie della Rivoluzione Culturale, un altro bagno di sangue. Quando lo lessi, poco sapevo di Asia, meno di quel poco che so oggi dopo peraltro circa 30 anni di vita in Estremo Oriente. Se la Cina era alle nostre spalle, oggi è di fronte a noi a guardarci dritto negli occhi evitando contaminazioni culturali, ma alcuni nostri cambiamenti non sfuggono. Come ha scritto Guido Santevecchi per il Corriere della Sera un caso MeToo tocca il cuore del potere cinese. Una bomba al napalm è stata lanciata sui quartieri del potere a Pechino da una ex campionessa cinese di tennis, Peng Shuai, il 2 novembre scorso con un post sul social Weibo. Ha raccontato lo stupro subito da un mamma santissima del potere cinese, uno che è stato fra i sette uomini del Politburo comunista, ora settantacinquenne in pensione: Zhang Gaoli. È accusato dalla Peng Shuai di averla costretta in passato ad una relazione e di averla violentata. Si tratta comprensibilmente di un gesto disperato della Peng perché dare dello stupratore ad un uomo politico, di quel livello, è un gesto che se non sostenuto da prove, oltre allo scandalo può portare a conseguenze gravi per la tennista. Lo stupore è tanto più grande perché Peng Shuai è stata una tennista famosa anche sul piano internazionale, numero 1 nel doppio, vincendo una ventina di tornei internazionali tra cui spiccano Wimbledon nel 2013 e Parigi nel 2014. Non roba da poco, diventando in patria una specie di star dello sport. Il post dell’atleta è stato cancellato dal web in pochi minuti dopo esser stato pubblicato dal network più popolare della Cina, ma nel frattempo lo screenshot era stato copiato e ripubblicato.
Insomma, in modo non ufficiale, il “melone” (che è sinonimo di dramma in mandarino) diventa virale. Nel suo post le accuse di Peng Shuai sono controverse, lo ammette l’atleta, nulla è verificabile. Non ha prove perché Zang (l’alto politico) era molto accorto. “So che dato il tuo potere non hai paura di me, vicepremier Zhang Gaoli, ma anche se sono sola come un uovo che si scontra contro una roccia, come una falena contro una fiamma, dirò la verità su di te”.
La storia in breve risalirebbe al 2007 quando Zhang era a capo del partito di Tianjin, la città porto a Est di Pechino. La Peng era tesserata per il club di tennis della città ed un giorno, il politico la “invitò” a giocare. Secondo la Peng dopo la partita Zhang la violentò. Ammette di avere colpe perché non avrebbe dovuto iniziare una relazione che andò avanti tra alti e bassi. Negli anni successivi si persero di vista, ma nel 2018, quando lei era al termine della sua carriera e lui (65 anni) in pensione, ripresero la relazione e di nuovo, come la prima volta, con uno stupro.
Sarà difficile mettere a tacere il dramma che è nuovo, soprattutto a questo livello. La linea del partito sostiene che “in Cina le molestie sessuali non sono comuni come all’estero… perché qui sono forti i valori tradizionali”. Non si sa come finirà, tuttavia la tennista è scomparsa ed in molti vorrebbero sapere dove sia finita. Persino una vecchia campionessa come Chris Evert dai social chiede dove si trovi e di far luce sull’accaduto. Il MeToo colpisce quindi dovunque.
Circa la supposta rarità di questi episodi in Cina, sembrerebbe non essere così. Basti ricordare lo scandalo del cantante pop Kris Wu, arrestato per violenze femminili o del “principe dei pianisti” Yundi Li (20 milioni di followers) arrestato di recente per sfruttamento della prostituzione.
Sarà che più che della “Cina alle spalle” forse sarebbe meglio parlare di “Cina in mezzo a noi”.
V.Volpi