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Venerdì in Consiglio nazionale l’iniziativa del Canton Argovia per l’introduzione del divieto di portare il burqa è stata sì bocciata, ma con uno scarto di pochi voti. 93 contrari, 87 favorevoli e 3 astensioni. A ciò si aggiunge il fatto che la votazione si è svolta in un momento particolarmente sfavorevole: il venerdì mattina proprio alla fine dei lavori, quando l’attenzione è ridotta al minimo (e il brusìo di sottofondo al massimo).

Premessa ovvia: le votazioni è sempre meglio vincerle che perderle, comprese quelle parlamentari. Tuttavia, una bocciatura con così poco scarto è comunque un risultato notevole; anche se un’accettazione sarebbe stata un risultato storico.

Se perfino un parlamento impregnato di politicamente corretto è stato sull’orlo di accettare il divieto di burqa (naturalmente la sinistra rosso-verde era schierata compatta contro, come pure la maggioranza del Plr), ci si può facilmente immaginare quale potrebbe essere il risultato di una votazione popolare.
Anche in Consiglio nazionale si fa dunque strada la necessità di difendere la nostra società da modi di vita che contrastano con i principi fondamentali di una democrazia occidentale.
Sì perché, malgrado nel dibattito commissionale sull’iniziativa argoviese si sia ingentilito il messaggio parlando di divieti di mascheramenti per motivi di sicurezza, era per tutti di un’evidenza solare quale fosse il vero obiettivo: il burqa, appunto.
In sostanza, anche in Consiglio nazionale comincia a farsi strada il dubbio che non si può, in nome delle libertà del cittadino, tollerare che ci si appelli a queste libertà per poi estirparle.

Il burqa non è solo un pezzo di stoffa. Rappresenta il rifiuto dei valori e dei modi di vita occidentali e quindi non lo possiamo tollerare in casa nostra.
Perché chi rifiuta il nostro modello di società, frutto di secoli di lotte per i diritti dei cittadini, e addirittura vorrebbe imporre il proprio, non è al suo posto in Svizzera.
Chi viene in Svizzera pensando di viverci come a Kabul (ma beneficiando dello Stato sociale elvetico) non deve venire in Svizzera: deve andare a Kabul.
In fondo, il voto del Consiglio nazionale dimostra che anche tra i parlamentari federali si sta facendo strada una consapevolezza altrove ormai acquisita: ossia che la società multiculturale è “completamente fallita” (vedi le dichiarazioni di Angela Merkel e David Cameron).

In Ticino il popolo dovrà esprimersi, si spera in tempi brevi, sull’iniziativa popolare “antiburqa” che ha raccolto ben 12mila sottoscrizioni.
L’iniziativa, lanciata dal “Guastafeste” Giorgio Ghiringhelli, è supportata da un comitato interpartitico (di cui fa parte chi scrive).
Dato il precedente del voto sui minareti, l’esito è prevedibile. E allora anche i fautori del politicamente corretto e delle frontiere spalancate dovranno guardare in faccia alla realtà.

Intanto in Germania, a Kassel, la corte amministrativa ha stabilito che anche le allieve musulmane devono frequentare i corsi di nuoto con gli altri alunni. Non possono sottrarvisi adducendo motivi religiosi.
Queste sentenze devono fare scuola, affinché sia chiaro che in Occidente le regole le fa la maggioranza autoctona e non una minoranza in arrivo dall’estero che non si vuole integrare. Ma, se non si vuole integrare, nessuno la obbliga a rimanere. Anzi.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale Lega dei Ticinesi