L’acronimo è MES, il concetto è “Fondo Salva Stati”. Nasce ufficialmente già nel marzo del 2011, durante il Trattato di Lisbona. Nello stesso anno, a gennaio, si aggravano i debiti pubblici dei paesi dell’Unione, in particolare di Portogallo e Irlanda, così il MES, nato appunto come un “fondo” viene approvato già nel luglio del 2012, l’anno successivo. Pone il veto la Germania, che va ascoltata. La Corte Costituzionale Tedesca lo approva il settembre dello stesso anno, purché con modifiche a suo favore.

Regolato dalla legislazione internazionale, con sede in Lussemburgo, conta un fondo che varia dai 650  ai 700 miliardi di euro, e acquista titoli sul mercato internazionale, a condizioni molto severe. Nelle leggi che si dà, prevede anche di sanzionare gli stati che non dovessero rispettare le condizioni di ammissibilità predefinite. I proventi ricavati dalle sanzioni andranno ad aggiungersi allo stesso MES.

Il fondo, gestito dai ministri finanziari dell’area euro, emette strumenti finanziari per “aiutare” Portogallo, Irlanda e Grecia, senza negare, inoltre, possibili accordi finanziari con istituti anche privati, dai quali potrà essere anche finanziato,

Questo monstrum, dunque, non si ferma qua: i suoi componenti sono immuni da procedimenti legali, pur essendo “controllati” da un consiglio di cinque componenti esterni.

Veniamo dunque alle quote di partecipazione di ciascuno stato membro: 80 miliardi cadauno. Una bella somma, nevvero? L’Italia, in particolare, sarà costretta a una percentuale contributiva del 18%, con quasi 900mila azioni e 84miliardo di contributo.

Clausole che agli italiani non piacciono ma a chi li governa sì. Clausole non note a chi il MES lo vorrebbe combattere, ma non ha gli strumenti poiché gli mancano cultura, umiltà e preparazione. Insomma, un incubo che avrà indegni difensori?