Manager aziendali, banchieri, economisti, politici e professori universitari da ogni parte del globo si ritrovano a Davos per l’annuale Forum economico internazionale. Per cinque giorni, dal 26 al 30 gennaio, parleranno di affari e politica e in un ambiente lussuoso ed accogliente rifletteranno sul destino economico del pianeta.
Essere invitati al meeting di Davos è un privilegio a cui si può ambire solo se si aderisce al WEF, organismo senza scopi di lucro fondato dal professore di origini germaniche Klaus Schwab. L’adesione è possibile a diversi livelli e ogni livello ha un suo prezzo.

La tassa d’adesione annuale al primo livello è di 50mila franchi, oltre al « biglietto d’entrata » che costa 18mila franchi. Per queste cifre si ha diritto a partecipare alle riunione cosidette « di massa », dove non c’è nulla di esclusivo e dove non si rischia di incontrare i personaggi che contano davvero.
Se si vuole partecipare alle riunioni « private » si deve accedere al livello di Industry Associate, la cui adesione costa 100mila franchi, oltre al biglietto d’entrata che costa un po’ meno di quello del primo livello, ossia solo 14mila franchi.

Nessuno, o quasi, va da solo al Forum di Davos. Per ogni accompagnatore non è però sufficiente pagare un biglietto d’entrata. Insieme si diventa Industry Partner, livello la cui tassa è di 147mila franchi circa, oltre ovviamente ai due biglietti d’entrata di 14mila franchi l’uno.
Se si arriva con un seguito di più di quattro persone ecco che subentra la tassa di gruppo : l’adesione come Strategic Partner al costo di 296mila franchi. Oltre ai biglietti d’entrata.
E poi c’è il costo del viaggio sino a Davos, i costi degli alberghi, i pranzi, le cene, gli aperitivi e gli spuntini, i souvenir, la vettura con autista privato, oppure l’elicottero con pilota privato. Partecipare al Forum internazionale di Davos è un privilegio che si paga a caro prezzo.

David Rothkopf, consulente e ricercatore statunitense, commenta l’ambiente del WEF in questo modo : « Si paga una cifra enorme per esserci ma l’impressione è quella di non essere mai nella sala giusta, in quella dove davvero si discutono le cose importanti. Così si passa il tempo a girare da una riunione all’altra sperando di capitare in quella giusta. »

(Fonte: The New York Times)