Ticinolive dedicherà viva attenzione alla cruciale votazione sull’obbligo di servire, distante da noi solo un paio di mesi nel tempo. Benché il portale non si senta in alcun modo neutrale di fronte alla questione, esso gestirà la pubblicistica in forma aperta, concedendo spazio a tutte le opinioni. (fdm)


prossimo 22 settembre saremo chiamati ad esprimerci sull’iniziativa che intende abolire l’obbligo di servire nell’esercito e nella protezione civile. Qualora fosse approvata, non solo il Paese sarebbe privo di una difesa militare credibile (non per nulla ne è promotrice il “Gruppo Per Una Svizzera Senza Esercito”) ma metterebbe anche la Protezione Civile nella condizione di non poter più adempiere ai suoi compiti per mancanza di personale, lasciandoci alla mercé diqualunque minaccia dovesse giungerci dall’uomo o dalla natura.

Vi sono, però, molti altri elementi importanti che dovrebbero indurre qualunque persona di buon senso a votare NO. Uno riguarda l’importanza del cittadino soldato come fattore di stabilità sociale e di protezione della democrazia. Stiamo vivendo attualmente un periodo di grandi cambiamenti politici e sociali, caratterizzati dall’indebolimento dell’organizzazione democratica dello Stato e dalla concentrazione del potere nelle mani di élites politico-finanziarie che non dimostrano alcun interesse per il bene comune. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (l’ONU), nata per evitare altre guerre mondiali, ha costituito negli anni una nuova forma d’autorità politica sovranazionale che, pur inefficace nell’evitare molti conflitti convenzionali “minori”, ha rimesso in causa le basi tradizionali dello Stato, in particolare l’inviolabilità delle frontiere, l’integrità del territorio e la sovranità nazionale.

Attribuendosi il diritto d’ingerenza armata nelle questioni interne dei Paesi più deboli, ufficialmente per tutelare i diritti dell’uomo e imporre la democrazia, l’ONU ha di fatto favorito la nascita di una miriade di conflitti “a bassa intensità” che hanno causato immani sciagure. L’Iraq e la Libia ne sono solo due tristissimi esempi. Contemporaneamente, ha sviluppato un’efficace campagna di disarmo forzato delle popolazioni civile, il cui vero risultato è stato di facilitare l’operato dei governi autoritari, così ben rappresentati ai vertici dell’ONU stessa.

La globalizzazione sovranazionale del potere non ha risparmiato neppure i Paesi occidentali, dove ha minato le basi della democrazia ed allontanato i cittadini dai processi decisionali che li riguardano. Basti pensare che, nei Paesi membri della UE, solo il 50% delle leggi cui sono soggetti i cittadini di un determinato Paese sono promulgate dal parlamento di quella stessa nazione. Le altre vengono decise da politici di professione che, da Bruxelles, influenzano la vita ed il destino di popolazioni che, molto spesso, neppure conoscono.

Un altro elemento importante è l’indebolimento economico della piccola e media borghesia europea, dovuto alla predazione delle ricchezze nazionali da parte dell’alta finanza, con la complicità di classi politiche corrotte e di amministrazioni statali ipertrofiche ed inefficienti. Ed è alla luce di questa grave crisi delle istituzioni democratiche che deve essere vista l’abolizione di molti grandi eserciti di leva europei, composti da comuni cittadini, ora sostituiti da piccoli eserciti di professionisti, inadatti alla difesa nazionale ma ideali per le operazioni di polizia internazionale e di repressione interna. Un compito, quest’ultimo, che la crescente miseria delle popolazioni renderà presto di stringente attualità anche in Europa.

Il cittadino-soldato è, per definizione, un importante stabilizzatore sociale e uno scudo per la democrazia. Egli non è un suddito inerme, in quanto condivide il potere delle armi (l’unico che conti veramente – la storia lo insegna – quando le cose prendono una brutta piega…) con i suoi compatrioti e partecipa attivamente alla difesa della sicurezza interna ed esterna del Paese. Rappresenta tutte le classi sociali e le professioni, potendo così disporre di un patrimonio di conoscenze e di competenze impagabile. La motivazione che lo spinge è la salvaguardia dell’integrità e del benessere della propria gente, secondo quello che in Svizzera, per antica tradizione, chiamiamo “spirito di milizia”.

Per questo è più affidabile, meno manovrabile politicamente e più efficace sul campo di battaglia dei soldati di mestiere che agiscono per l’ottenimento di un salario. Lo capì la plebe di Roma che, dopo aver fornito per secoli il grosso dei legionari che resero grande la loro città, persero qualunque possibilità d’influenzare i giochi delle classi dominanti una volta abolita la coscrizione obbligatoria. Lo capirono i primi Confederati fondatori, quando sbaragliarono, uno dopo l’altro, gli eserciti di “professionisti della guerra” che avevano osato varcare i confini per sottometterli.

L’hanno capito gli Austriaci che, recentemente, hanno votato in massa per mantenere la leva obbligatoria. Speriamo di non dimenticarcelo noi, il prossimo 22 settembre: se la smania disarmista dovesse passare, sarebbe il colpo di grazia per un Paese, il nostro, già traballante sotto l’attacco incrociato dei molti nemici esterni ed interni.

Pio Eugenio Fontana, presidente di Libertà e Valori