Attacchi con i droni, evacuazione del personale diplomatico e procedure di emergenza nel Mar Rosso: il Pentagono prende le redini delle operazioni anti-terrorismo in Yemen, per stanare e colpire le locali cellule di al Qaeda sospettate di preparare un attentato di grandi dimensioni contro gli Stati Uniti.

Se finora la priorità della Casa Bianca è stata l’aumento delle difese passive per proteggere i possibili obiettivi scelti da al Qaeda – consolati e ambasciate dal Nordafrica al Bangladesh – adesso l’iniziativa passa al Pentagono e la missione è mettere sotto pressione le cellule che pongono i rischi maggiori.

Alle origini della svolta ci sono le intercettazioni di più comunicazioni di Ayman al-Zawahiri, successore di Osama bin Laden al vertice di al Qaeda, con lo yemenita Nasir al-Wuhayshi, comandante di al Qaeda nella Penisola Arabica, per chiedergli di mettere a segno un attacco di grandi dimensioni.
Poiché la richiesta di al-Zawahiri era esplicita nel riferimento a domenica 4 agosto, il fatto che le cellule tardino a colpire fa sospettare all’intelligence americana che qualcosa si sia inceppato nei piani dei terroristi.

Da qui la scelta di andare al contrattacco, puntando a mettere sulla difensiva e decimare i gruppi di miliziani jihadisti in Yemen perché è qui che la struttura centrale di al Qaeda sta tentando di riorganizzarsi, facendo leva su personaggi come Ibrahim al-Asiri, l’esperto saudita in mini-esplosivi considerato l’ideatore di più tentativi di attacchi contro il territorio americano.
Sarebbe proprio al-Asiri, secondo fonti di intelligence, ad aver ideato un nuovo tipo di esplosivo liquido che sfugge ai controlli e potrebbe essere adoperato per l’attentato.

La scelta di al-Zawahiri di nominare Abu Basir proprio vice avvalora la convinzione di Washington che sia lo Yemen il nuovo fronte centrale della guerra ad al Qaeda.
Da qui la scelta di dare luce verde ai droni che nel primo mattino di martedì 6 agosto hanno lanciato almeno due attacchi contro miliziani di al Qaeda uccidendone quattro che però non fanno parte dell’elenco dei 25 maggiori ricercati, precisano fonti militari americane.
Altri quattro attacchi con i droni sono avvenuti negli ultimi 10 giorni con esiti minori.

In parallelo, si muovono le truppe yemenite andando a insidiare le milizie tribali che proteggono i jihadisti in alcune regioni isolate.
La pressione militare coincide con il mini-ponte aereo che ha consentito all’Us Air Force di evacuare dallo Yemen circa 90 diplomatici – in parallelo ad una operazione gemella dei britannici – ordinando a tutti gli altri connazionali di lasciare il paese. È dunque prevedibile che l’offensiva del Pentagono aumenti di intensità, nel tentativo di far uscire allo scoperto le unità terroriste.
Fra i maggiori timori c’è il rischio di attacchi kamikaze contro le navi occidentali che transitano per il Mar Rosso.