Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe finita così. Avevo tanto sperato che potesse andare diversamente. Che ci fosse un miracolo. Anche piccolo, minuscolo, ignoto ai più. Forse che Dio si è dimenticato del mondo? Quante volte avevo pensato di dirtelo: “Devi essere prudente e un po’ diplomatico. Tu certo dici le cose giuste, maestro. Sii un poco più politico. Non metterti contro di loro apertamente: sono legione e potenti”. Ah, se tu fossi rimasto fuori da ogni pericolo. Invece, hai suscitato l’odio freddo che uccide giorno per giorno, e alla fine ci sono riusciti, e ti hanno spezzato la vita e i nostri sogni, appeso ad una croce di albero. A ludibrio come i malfattori, ammonimento per noi. Non osate ritentare! Oh, l’albero forse sa quali sono i suoi rami morti e conosce le foglie quando si staccano ad una ad una e avverte l’ascia quando trafigge la corteccia.

Ci avevi tanto fatto tremare il cuore. Fin da quando sentii come un angelo annunciare la tua vita. Che rimane ora, caro, perduto amico? Santo, santo, amico. Cosa dopo la desolazione? I tuoi sono dispersi e ricercati, senza voce, presenza. Tutti si stanno separando. Potessi essere qui, ce lo diresti quanto pesa il dolore e quanto la speranza. La rosa ancora in boccio, fu recisa e non so più se ho perso un figlio, un padre, fratello, amico. Già mi chiedo se la fede sia di quanti non l’hanno , ma non fanno del male rispetto a quelli che hanno più fede nella loro che nella tua. La notte, mio Dio, è intransitabile, incubi ci avvolgono senza pensare più con parole. Desiderare di dormire è già provare le vertigini. Le pantere si svegliano nel buio e l’avvoltoio (van-tour lo chiamano) va in giro errante con dentro tutto il sale della vita. È che siamo noi, avvolti nel male. Persino la paura finisce alla fine per stancarsi. Chi chiude la notte, è l’alba. Ma ore di tenebra ci aspettano anche nel giorno, con sudore freddo nelle ossa. Un pugno di dolore è la mia stoltezza. Ho visto l’angelo della morte. Ho visto tua madre e mi sono sentito suo figlio. Era preghiera. Era povertà e ricchezza.

Perduto nel non-so come nel dubbio atroce, io – che pure ho qualche scienza fina ma non vedo nulla – ho dedicato alla notte, come avevi suggerito, il lavoro di amare. Ho pregato per l’universo. È possibile che l’amore sia come avanzare in un mare? E che c’è sempre acqua nuova nella tua sorgente? Possibile che l’amore renda nuove anche le cose vecchie? Il pensiero talora ha le ali. Dunque l’amore assomiglia più che a una cometa? Come può questo tuo amore così forte e fragile che hai seminato sul terreno buono e sul mio, sterile, rimanere inutile, infecondo? Sei la vita. Nonostante il dubbio. Non poteva non esser Verità chi ha vissuto così queste cose. Chi ha mangiato la sua morte. Amore fatto di carne per arricchirci di spirito. Hanno raccontato alcune donne che ti hanno visto. Il fiore in primavera, precede sugli alberi le foglie. Spero la primavera. Ho corso, ho corso: sono arrivato tardi. Perdonami. La tomba era già vuota, spalancata. E mi chiedo ancora (te lo chiedo): potrà l’amore, il tuo, renderci eternamente giovani?

Buona Pasqua a tutti gli amici!

Corrado Bianchi Porro