Sono passati due anni dal referendum sulla Brexit e le conseguenze si fanno sentire, anche dal punto di vista economico. Ieri una notizia a dir poco allarmante è stata diramata dal gigante aerospaziale Airbus. La compagnia ha annunciato infatti che a causa dell’incerta situazione politica dovuta all’uscita dell’Inghiletrra dall’Unione Europea, Airbus potrebbe trasferire la parte della produzione che finora era svolta in Gran Bretagna negli Stati Uniti o in Cina.

“In mancanza di chiarezza dobbiamo presupporre lo scenario peggiore”ha dichiarato l’amministratore delegato della Airbus Tom Williams. La paura peggiore è che la Gran Bretagna esca dall’UE senza un accordo che protegga le grandi realtà commerciali: “Saremo costretti a riconsiderare la nostra presenza in questo paese. Un simile risultato della trattativa sarebbe catastrofico per la Airbus”. La decisione definitiva dovrà essere presa quest’estate e in ogni caso prima di marzo prossimo, quando si concluderanno i negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’UE e sarà finalmente chiara la politica sui dazi import-export che verrà adottata dal paese.

Nel caso in cui Airbus decida di abbandonare definitavamente il suole inglese, le conseguenze potrebbero essere drammatiche: 14mila posti di lavoro salterebbero, più altri 110mila se si include l’indotto generato dagli stabilimenti della Airbus, per non parlare dei 2 miliardi di euro che la compagnia versa annualmente al fisco.

Il caos generato da una separazione non regolamentata preoccupa non poco Theresa May le cui proposte per un’uscita indolore sono state ripetutamente respinte. La May si recherà a Bruxelles a fine mese per un summit nel corso del quale forse finalmente si delinearanno le condizioni dell’accordo di “divorzio” del Regno Unito dall’Unione. Nel caso in cui non si raggiungesse un accordo, l’UE non garantirà il periodo di transizione di 21 mesi, fondamentale per ogni impresa che opera sul suolo della Gran Bretagna. Il distacco sarebbe netto e le conseguenze sull’unione doganale incutono timore.

La decisione dell’Airbus è per ora quella più drastica ma sono numerose le grandi aziende che hanno solelcitato il governo ad offrire più certezze sul futuro.