Sono sempre di più i leader mondiali che riconoscono e sostengono Juan Guaidó come presidente del Venezuela. Il giovane parlamentare 35enne, capo dell’opposizione, si è proclamato presidente ad interim prestando giuramento il 23 gennaio scorso. Sostiene che, poiché Maduro è stato eletto lo scorso maggio con votazioni truccate, la presidenza è tecnicamente vacante e che, in quanto capo dell’Assemblea nazionale venezuelana, è legittimato costituzionalmente a presiedere un governo provvisorio fino a quando si terranno nuove elezioni. Anche la maggioranza della comunità internazionale ritiene che le ultime votazioni siano state fraudolente e non conformi agli standard.
Da quel giorno un numero sempre maggiore di paesi dell’Unione europea si sono congiunti agli Stati Uniti, al Canada e a gran parte del Sudamerica, per sostenerlo pubblicamente chiedendo il prima possibile le elezioni presidenziali anticipate. Nel frattempo Nicolas Maduro accusa gli Stati Uniti di preparare un colpo di stato nel paese per rivendicare le vaste risorse di petrolio. Il presidente Maduro riceve pressioni sempre più forti per la richiesta delle sue dimissioni ma ha avvertito il presidente Trump, che rischia di macchiarsi con il sangue se dovesse perseguire un’azione militare nella nazione venezuelana colpita dalla crisi.
Maduro non ha mostrato di cedere alle pressioni e ha criticato l’Unione europea per l’ultimatum con il quale gli è stato chiesto di indire entro la mezzanotte di domenica una nuova elezione presidenziale. Rifiutando tale richiesta, Maduro ha detto: “Non accettiamo ultimatum da nessuno. Perché l’Unione europea deve dettare norme politiche al paese? Continuerò a governare insieme al popolo per i sei anni in cui ho il diritto di governare”, ha aggiunto. Oggi però milioni di venezuelani sono lasciati in condizioni di povertà sotto un regime caratterizzato dall’iperinflazione e dalla carenza di beni di prima necessità. Circa 2.3 milioni di persone sono fuggiti dal paese.
Guaidó sta lavorando tutti i giorni per conquistare il suo appoggio all’estero, sfruttando al tempo stesso il crescente sostegno pubblico in patria per convincere i membri del governo, in particolare i leader militari, di lasciare Maduro. Se Guaidó avrà successo, lui e gli alleati dell’opposizione avranno fatto una grande impresa: una transizione democratica pacifica che potrebbe portare il Venezuela sulla via della ripresa dopo anni di collasso economico. Ma Guaidó comprende che il percorso su cui si trova è pieno di pericoli, e il suo successo è tutt’altro che garantito.
I leader dell’opposizione avevano sperato che dopo la proclamazione i capi delle forze armate avrebbero lasciato Maduro in breve tempo. A parte una manciata di diserzione di alto profilo però, la maggioranza dell’esercito militare si è pubblicamente mobilitato dietro Maduro. Egli detiene ancora molte delle leve del potere, tra cui l’emittente statale, una magistratura compiacente, leader militari del paese e le spietate forze paramilitari conosciute come Colectivos, famose per la rivoluzione venezuelana bolivariana guidata da Hugo Chávez.
Infatti anche se le forze armate dovessero gettare la spugna rappresentando la fine del regno di Maduro, Guaidó ha detto di essere preoccupato proprio per le azioni delle forze paramilitari che potrebbero portare a conseguenze molto gravi anche a breve termine. Nonostante questo, afferma di vedere un percorso verso la vittoria anche se il suo piano entra in una fase molto pericolosa.
Le sanzioni petrolifere imposte dagli Stati Uniti la scorsa settimana, soffocheranno presto l’economia già devastata del paese e potrebbero causare carenze di carburante, alimenti e medicine.
Domenica Guaidó ha invitato i militari venezuelani, finora fedeli al governo, a consentire gli aiuti umanitari dalla vicina Colombia e dal Brasile, entrambi gestiti da governi critici nei confronti di Maduro. Il governo venezuelano però teme che gli aiuti che attraversano il confine possano essere usati come copertura per un’invasione per deporre Maduro e li contrastano.
Per molti osservatori, quella prossima sarà una settimana cruciale. Maduro crede che ci sia una persona su cui possa contare, ovvero Vladimir Putin. Il Cremlino infatti ha accusato il leader dell’opposizione Guaidó di un tentativo illegale di prendere il potere sostenuto dagli Stati Uniti, e che farà tutto il necessario per sostenere Maduro come presidente legittimo.
Ma la volontà della Russia di proteggere le relazioni con Caracas potrebbe essere più limitata di quanto si possa immaginare e ci sono in giorno interessi non trascurabili. Da una parte i 17 miliardi di dollari che Mosca ha prestato per offrire sostegno a Maduro che andrebbero perse, e dall’altra l’accesso ai pozzi petroliferi con termini che erano facilmente concordabili visto le cattive condizioni economiche del paese.
La situazione è complessa e secondo alcuni media Maduro ha scritto persino al Papa chiedendogli di mediare in tutto questo.