Siamo tutti entusiasti e contenti ed anche orgogliosi che la scoperta dei vaccini anti Covid ci stia aiutando ad uscire dalla pandemia. Uno la può pensare come vuole, ma alla fine sono sempre i numeri che se letti bene ci aiutano a capire. I dati lo confermano inequivocabilmente che dove si è vaccinato o si sta vaccinando, i contagi sono in forte diminuzione (vedi Regno Unito, Israele e soprattutto gli Stati Uniti). Ostensibilmente i paesi che hanno avuto gli uomini giusti nella ricerca ed i soldi per finanziarli hanno raggiunto ammirabilmente il traguardo. Ma come la storia ci insegna, i successi scientifici diventano anche un business ed in alcuni casi una forte arma di propaganda. Quest’ultima opzione è quello che sta diventando il vaccino del Covid-19, mettendo a confronto le strategie Usa-Cina, i due contendenti per l’egemonia estremo orientale. Mentre i cinesi che hanno sinora prodotto 131 milioni di dosi, ne hanno somministrate solo 65 milioni: dosi somministrate per 100 abitanti 4.6.

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Ricordiamo che la popolazione cinese viaggia verso 1 miliardo e 400 milioni. Gli Usa hanno prodotto 184 milioni di dosi e somministrate 105 milioni con un’incidenza di 31.6 dosi per 100 abitanti. Popolazione: 332 milioni. È vero che in Cina il virus è sotto controllo e quindi è meno urgente vaccinare in fretta, ma è oggettivo una minore spinta a produrre. Venendo al dunque: la Cina usa molto la diplomazia del vaccino in tutti i paesi che sono strategici per la sua politica ed economia. I target preferiti i vicini  di casa nel Sud-Est asiatico, Sud America e Africa. L’arma di propaganda è il “soft power”.

La nuova amministrazione Biden non è rimasta a girarsi i pollici e si è mossa con molta celerità per contenere le iniziative cinesi. Ha messo in moto il meccanismo “Quad” che ha già deliberato per distribuire un miliardo di dosi del vaccino Johnson & Johnson nel Sud Est asiatico entro il 2022.

“Toccato”(come si dice nello scherma) Pechino. Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha subito accusato gli Usa di “puntare il dito e di costruire piccoli circoli in nome del multilateralismo”. Dopo il successo per Pechino degli accordi TPP e  RCEP (include Giappone, Corea del Sud inter alia) l’accordo Quad è un duro contraccolpo. Washington non si è rassegnata alla serie B in Asia.

Ma che cos’è il Quad? È un raggruppamento, con gli Usa al centro, di paesi che sono per il contenimento della Cina. Scrive Paolo Magri, ISPI, “è ormai chiaro che le cresciute assertività e l’espansionismo economico cinese preoccupano i paesi della regione”. Il Quad è nato nel 2004 per scopi umanitari in seguito alla catastrofe dei maremoti (tsunami) che si erano abbattuti sulle coste dei paesi dell’Oceano Indiano.

Diventa quindi il “Quadrilateral Security Dialogue” (Quad).

Nel 2017 Trump forma il “Quad 2.0” con due incontri annui per tutelare la prosperità e la stabilità regionale in nome dei valori democratici condivisi. Nel Summit 2020, oltre a Usa, India, Australia e Giappone, sono invitati Corea del Sud, Vietnam e Nuova Zelanda per la pandemia.

Molti analisti di geopolitica vedono in un siffatto Quad le basi per un progetto di creazione di una “Nato Asiatica” in funzioni anti-Pechino, ipotesi che il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi liquida paragonandola a “spuma del mare destinata a disperdersi presto”.

La spinta a creare nella sostanza il “Quad” è firmata Biden, ma chi ci ha lavorato è il suo plenipotenziario Kurt Campbell, massimo funzionario della Casa Bianca per l’Indopacifico.

L’incontro virtuale recente per la strategia vaccinale era presenziato da Biden con Scott Morrison, il premier australiano, il  premier nipponico Suga e l’indiano Narendra Modi.

Jack Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale Usa ha così commentato: “questo vertice è una grande vittoria per il Presidente e per il suo paese”.

Biden si preannuncia  quindi come un osso duro per Pechino. A due mesi dalla sua nomina, si fa già  sentire!

Vittorio Volpi