Francesco Pontelli, economista – Nuovo Giornale Nazionale – 8 ottobre 2022

In un momento di crisi così complessa come quella attuale, emergono con maggiore evidenza tutti gli errori del passato anche in termini di politica estera.

Successivamente alla propria vittoria alle elezioni il presidente degli Stati Uniti Biden, come segno di discontinuità dalla precedente amministrazione, pose fine all’alleanza tra gli Stati Uniti, primo produttore di petrolio al mondo, e l’Arabia saudita, primo paese al mondo per riserve petrolifere.

Questo accordo economico, con una evidente valenza anche politica, che comprendeva anche un terzo alleato, ora ingombrante, come Putin,  aveva permesso di mantenere il prezzo del petrolio attorno ai sessanta (60) dollari. Una valutazione considerata accettabile anche per le aziende americane di shale oil i cui costi di estrazione si aggirano attorno ai 35/45 dollari al barile mentre quelli della Arabia saudita si fermano a 2 dollari al barile.

Questa alleanza, in più, presentava anche un valore politico e religioso in quanto gli Stati Uniti si trovarono, con l’amministrazione Trump, a sostenere una parte del mondo arabo, quello sunnita rappresentato dall’ Arabia Saudita, da sempre in forte contrapposizione con quello iraniano e sciita.

Il “tradimento” di Biden e la sua riapertura all’Iran suscitarono il profondo sconcerto dell’intero mondo diplomatico statunitense, e molte proteste dello stesso stato di Israele, confermando ancora una volta come certi ambienti considerati progressisti trasudino sostanzialmente un antisemitismo di fondo.

All’interno, ora, di una crisi come l’attuale la scelta poco avvertita dell’amministrazione Biden ha posto le basi, viceversa, per la nascita di una solida alleanza tra Putin e lo stato dell’Iran, il quale prosegue, in più, nel programma di arricchimento dell’uranio per ottenere la bomba atomica.

Contemporaneamente l’Arabia Saudita, da sempre alleato delle diverse amministrazioni statunitensi, ha ripagato il tradimento made in Usa rifiutandosi di rendersi interprete, all’interno dell’Opec, delle istanze degli Stati Uniti in relazione ai possibili tagli alla produzione di petrolio, ed ha sostenuto il taglio di due milioni di barili al giorno deciso dall’Opec.

Queste possono venire considerate le ragioni di questa decisione senza precedenti, la quale nelle sue dimensioni può essere in parte attribuita ad una miope visione in politica estera della stessa amministrazione Biden, come all’assoluta inconsistenza ed irrilevanza dell’Unione Europea.

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