Decine di migliaia di anime in lacrime, per la scomparsa anzitempo di un uomo giusto e valoroso. 

Il feretro di Roberto Maroni ha ricevuto l’ultimo saluto, coi funerali di Stato e il lutto cittadino nella sua città, Varese. 

L’addio a un politico determinante della Storia del secondo Novecento e soprattutto a un Uomo, è stato triste e sontuoso. Blindate le vie del centro, un impianto di filodiffusione all’esterno della chiesa per consentire al pubblico di ascoltare la funzione religiosa, un maxischermo nel centrale corso Matteotti. La cerimonia funebre è avvenuta nella basilica di San Vittore, officiata da monsignor Giuseppe Vegezzi, vescovo ausiliare della diocesi di Milano, vicario episcopale per la «zona pastorale II» di Varese. 

Dal balcone della storica sede della Lega Nord, in cui tutto nacque, campeggia una scritta “Grazie Bobo”, per dare l’addio commosso al coofondatore del partito.  

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Al funerale ci sono tutti: Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, Giancarlo Giorgetti, l’Arma dei Carabinieri, Matteo Salvini, Roberto Calderoli, Beppe Sala, sindaco di Milano, Mario Monti, i tre governatori leghisti: Massimiliano Fedriga (a cui Maroni, in uno dei suoi ultimi articoli per Il Foglio, avrebbe voluto lasciare la Lega, in vece dell’ormai decaduto Salvini); Luca Zaia e Attilio Fontana. pastedGraphic_1.png

E poi ministri, senatori, deputati, candidati. Alle 11 l’ingresso del feretro, omaggiato dal picchetto d’onore schierato nella piazza, è stato salutato da un forte applauso.

Monsignor Vegezzi legge libro del profeta Isaia e della seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, la lettura del Vangelo secondo Giovanni apre l’omelia, vengono elogiate le doti di Roberto Maroni, la sua capacità di ascolto e la semplicità: «da molti varesini, negli ultimi giorni, ho sentito dire che era uno di noi. Robi era esattamente così. Bobo ha cercato di vivere la politica nel segno della concretezza ambrosiana del bene. Le sue origini di questa terra le ha sempre vissute con semplicità». 

Poi, vengono ricordati gli affetti famigliari:  a Lozza, prosegue il monsignore, «Bobo era il marito di Emilia, papà di Chelo, Fabrizio, Filippo. Affidiamo Bobo al Dio della vita, non dei morti. Altra sua passione la musica, nata in oratorio, fino a mettere su la band del Distretto 51. È bello sapere che sta cantando anche per noi» Durante la cerimonia è stato letto un messaggio dell’arcivescovo metropolita di Milano Mario Delpini che partecipa «al dolore della famiglia di questo stimato figlio della terra varesina che ha assunto ruoli di primo piano nella politica italiana. La sua vita è stata contraddistinta da passione e meditazione, è stato capace di prendere posizione senza aggressività, di essere di parte e aver cura dell’insieme, di proporsi e farsi da parte. Ha affrontato con serenità la vita, e il tempo della malattia».

Per il Sindaco di Milano «Roberto Maroni era un visionario. Mancherà il suo stile e la sua capacità di guardare avanti nei tempi. Le Olimpiadi le abbiamo portate a casa anche grazie a lui. In lui c’era un’incrollabile fiducia nel fatto che si potessero fare le cose con coraggio, era un uomo molto coraggioso». Infine, un commosso ricordo del figlio Filippo, che legge un ricordo molto toccante del padre. «lontano dalla famiglia, rimanevi fuori da molte cose, dai problemi di tutti i giorni, ma sapevamo che ci volevi bene. A volte durante un film chiedevi: “Metti in pausa”. Poi ci abbracciavi e ci dicevi: “Vi voglio bene”». 

Conclude la premier Meloni, che dopo l’esecuzione del pezzo dei Distretto 51, il gruppo musicale di Maroni, “Come una bugia”, canzone scritta proprio da Bobo, dice ai figli di Maroni: «Grazie. Oggi ci avete insegnato qualcosa». E su di lui: «Era una persona capace di grande visione e grande concretezza. Era una delle persone che ho conosciuto che più sapevano fare gioco di squadra. Ne ho un ricordo straordinario, tra l’altro ci sentivamo. Penso che l’Italia sia stata fortunata a potere contare su una persona così nelle sue istituzioni». Per Giancarlo Giorgetti, invece, Maroni lascia alla Lega una eredità che «è quella di un pensiero profondo e lungo».

Se ne va così, Roberto Maroni, tra gli applausi scroscianti della folla in lacrime, in un pallido sole di novembre, lasciando di sé un potente ricordo nei cuori di chi lo ha conosciuto, ma anche l’amarezza, per chi ancora stenta a credere che, così improvvisamente, sia scomparso.