È un antichista, ma cerca di estendere le sue conoscenze corre sino al contemporaneo, ama il passato e lo divulga ma ci aiuta a capire l’attualità, è uno scrittore di romanzi storici, autore e conduttore televisivo: Cristoforo Gorno, volto noto della cultura e della televisione italiana, conduttore di Rai Storia, ci rende partecipi dei suoi viaggi e del suo sapere, raccontandosi a Ticinolive.  

Cristoforo Gorno, come nasce la sua passione per la storia? 

Dalla mia passione per la letteratura e la mitologia classica, e poi viaggiando. Ho fatto il liceo classico e mi sono laureato in mitologia alla Statale di Milano, con una tesi sul culto di Artemide a Taso. Poi però, ho lasciato perdere la carriera academica perché c’erano ragazzi molto più studiosi di me  e ho iniziato a lavorare in tv. Ho fatto programmi di tutti i tipi, non mi sono tirato indietro di fronte a nulla: persino i concorsi di Miss. Ma la passione rinacque dai miei viaggi in giro per il mondo, assieme a Valerio Massimo Manfredi, mio grande amico. 

Come, non siete gelosi l’uno dell’altro?

No, per me è come un fratello maggiore. 

Come vi siete conosciuti? 

Lavoravo per la Fininvest un programma di libri chiamato “A tutto volume”, la Mondadori mi fece leggere il “Faraone delle sabbie” di Manfredi e lo divorai. Così, gli proposi di partecipare: lui non era ancora “esploso” (la sua consacrazione sarebbe arrivata più avanti, con la trilogia Alexandros), lo andai a trovare a Piumazzo, nel modenese, e divenimmo grandi amici. Poi, per La7, sono stato l’autore capoprogeto  dei programmi che lui conduceva e insieme abbiamo girato mezzo mondo.  

Parliamo di lei, come scrittore. Tra i suoi romanzi storici, La spia celeste vede come protagonista San Paolo, Io sono Cesare, invece, Giulio Cesare. Tra paganesimo e cristianesimo, dunque. Lei è cristiano?

No, solo di formazione. Tuttavia, non sottovaluto l’importanza del cristianesimo. 

Eppure ha dedicato un romanzo a San Paolo… (!)

È un romanzo corale, strutturato a scene. Il trait d’union de La spia celeste è affidato a Paolo alias Saulo, prima che divenisse Santo, ma parlano Pilato, sua moglie Claudia, l’imperatore Tiberio, il suo plenipotenziario Vitellio, il legato di questi, Marcello, le sacerdotesse di Artemide ad Efeso (capitolo a cui sono affezionato), parlano i centurioni, parla il filosofo Seneca, parla il prefetto Afranio Burro, parla la veggente di Filippi. Ogni capitolo, una scena diversa, che ricostruisce il grande enigma, ovvero quella serie di coincidenze e di necessità che crearono il cristianesimo, cioè quella religione che impronterà di se circa metà del mondo per i successivi duemila anni. Nel romanzo si immagina che uno dei fattori che determinarono il successo della nuova fede fu proprio il rapporto di collaborazione tra Paolo e l’autorità imperiale.  

Come le è venuta l’ispirazione per il romanzo su Paolo, collaboratore dei romani?

Stavo girando un documentario con Valerio Massimo Manfredi a Gerusalemme, sulle ultime 24 ore di Gesù e per documentarmi avevo letto con attenzione il Nuovo Testamento. In particolare mi colpì un passaggio degli Atti degli Apostoli. Paolo partecipa a una sorta di concilio informale nel Tempio, che era il centro della vita spirituale e sociale degli ebrei, unico tempio dell’unico Dio, è accusato di tradimento e di empietà, i tradizionalisti ebrei lo vogliono linciare ed ecco che dalla Fortezza Antonia, sede della guarnigione romana e costruita in posizione dominante sul tempio, arrivano dei soldati a salvarlo e a portarlo al sicuro nella fortezza. I nemici di Paolo giurano che lo ammazzaranno e si inventano uno stratagemma per riuscirci, ma un ragazzino, forse nipote di Paolo, li ascolta e va ad avvisare Paolo nella fortezza. Un ragazzino, paidiskos in greco, bussa alla fortezza e gli aprono ed è solo l’inizio, seguendo il racconto vediamo Paolo che dà oridini un centurione, che viene ascoltato dal tribuno, la massima autorità romana a Gerusalemme, che viene portato al sicuro di notte a Cesarea con quasi cinquecento uomini di scorta, sembra proprio la messa in sicurezza di un collaboratore… ecco , trovandomi lì, vedendo il paesaggio, immaginando quello che succedeva ho iniziato a coltivare l’idea di scriverci una storia.

La storia di Roma che usa un ebreo per indebolire le frange più irriducibili dei ribelli in Giudea. 

Il carteggio tra Paolo e Seneca è apocrifo, oppure… 

Potrebbe essere anche solo parzialmente apocrifo: la vicenda è talmente nebulosa… ed io non sono dogmatico. 

il Cristianesimo sparirà come tutte le civiltà?

Penso, senza voler offendere nessuno, che stia già declinando: la sua ritirata è uno degli eventi storici a cui stiamo assistendo. Lentamente, si sta dileguando, e la sua importanza politica attuale non è paragonabile a quella che ha avuto nel passato: oggi seminari, abbazie e chiese sono  sempre meno frequentati o addirittura  vuoti…

C’è una religione che prenderà il sopravvento?

E chi lo sa? Il peso politico – non è un giudizio di merito – del cristianesimo è andato sempre più diminuendo dalla Rivoluzione Francese in poi, la sua influenza si è erosa nelle  potenze coloniali che lo avevano diffuso o imposto al resto del mondo. D’altro canto, l’Islam è un’entità politica oltre che religiosa, ci sono varie repubbliche islamiche, nelle quali tra religione e politica c’è una saldatura forte, spesso con i risultati estremi e negativi che vediamo per esempio in Iran o in Afganistan, Ma anche altre religioni si sono saldate con la politica, viene in mente l’induismo e il governo di Modi in India, o il peso sempre maggiore preso dalla destra ortodossa in Israele.

Il suo romanzo Io sono Cesare, invece, è un’autobiografia del grande dictator…Cesare rappresentò la morte della Repubblica o l’alba dell’Impero?

Cesare è tutte e due le cose, in Cesare tutto si concentra, Cesare è il catalizzatore del fenomeno della crisi della Repubblica, che però era già iniziata con la morte dei Gracchi, e con una classe dirigente che non si rendeva conto dei problemi che affliggevano lo Stato. Già per gli autori antichi, sin da quando Roma sconfitte Corinto e Cartagine diventa padrona del mediterraneo, avviene un afflusso di schiavi in Italia, che comporta una manodopera a basso costo, un arricchimento dei più ricchi, e un impoverimento della classe media. Tutti i tentativi di mitigare questo fenomeno vengono bloccati dall’aristocrazia, basti pensare a quanta fatica fa Cesare a far approvare la riforma agraria, ovvero la distribuzione di terre che sono del demanio e non private, eppure deve fare un colpo di mano. Quella stessa aristocrazia romana che sin dai tempi di Mario e Silla non si era accorta che, ormai, a guidare la Repubblica, dopo cinque secoli, erano i singoli comandanti militari (singolare è l’episodio in cui Pompeo presta delle legioni a Cesare, senza attendere il consenso del Senato), dopo Augusto si estinguerà.   

Chi preferisce tra Augusto e Marco Antonio?

Marco Antonio, se dovessi andare a una festa andrei con lui. Augusto troppo cinico e calcolatore, anche se politicamente fu lui a creare l’organismo che poi funzionò. Con Marco Antonio, probabilmente l’impero si sarebbe sfaldato. 

Qual è il suo periodo storico preferito?

Il mondo del mito: dai Micenei alla Grecia Arcaica, più o meno fino alle Guerre Persiane. Me ne innamorai sin da quando scrissi la tesi sul culto di Artemide sull’isola di Taso e ne La spia celeste si allude alle analogie tra la Vergine Maria e la Artemide di Efeso. 

Qual è il suo imperatore preferito?

Una storia avventurosa, brevissima, da rockstar estrema, quasi punk, è senz’altro quella di Avito Bassiano, cioè Eliogabalo. Tra gli imperatori di un periodo meno decadente invece quello che mi sta più simpatico  è Claudio, che tra l’altro era uno storico, autore di opere perdute sulla storia di Cartagine e degli Etruschi, la storia degli sconfitti. 

Su Rai Storia è in onda la serie Donne leggendarie; qual è la sua donna storica preferita?

Non ho un personaggio preferito, mi appassiono a tutto quello su cui di volta in volta lavoro: mi attraggono Cleopatra, Agrippina minore, Saffo. 

Messalina: vittima o femme fatale? 

Senz’altro vittima: aveva vent’anni. Anche se io ammiro Agrippina Minore. 

Sino a dove l’opinione può distorcere la verità storica?

La verità può essere comodamente ribaltata. Ad esempio, a parte l’episodio di Nerone, fino al III sec d.C, i romani non perseguitarono i cristiani a meno che questi non rappresentassero un problema di ordine pubblico. I martiri di Lione, per esempio, messi a morte per una sorta di linciaggio collettivo spontaneo e nato dal popolo, e non per ordine dell’autorità imperiale. Ma non è questo che leggiamo nei libri di scuola. Non, almeno, sino a qualche anno fa. 

E Catilina, quindi? Fu un riformatore che non ci ha creduto abbastanza, anziché un cospiratore? 

Un riformatore dalle idee condivisibili, ma  poco accorto. Aveva vinto le elezioni consolari e gliele scipparono: il colpo di stato lo fecero prima gli altri. Certo, in un clima in cui, come testimonia anche Appiano, c’erano contrasti molto violenti, Catilina ordì una congiura che faceva acqua da tutte le parti: la delazione di una donna, la cattura degli Allobrogi, i segreti trapelati, così il suo tentativo si trasformò in un fallimento velleitario. Quello che non riuscì a Catilina riuscirà qualche tempo dopo a Cesare.

Intervista a cura di Chantal Fantuzzi