Benjamin Sadler da giovane, Peter O’Toole da maturo rappresentano forse l’interpretazione più convincente di Ottaviano Augusto.

Era l’ormai lontano 2003, quando Rai Fiction e Lux Vide produssero una miniserie di quattro ore su Augusto, il primo imperatore.

Lo sceneggiatore Eric Lerner si avvalse di consigli di storici quali Andrea Giardina, Giovanni Brizzi e Gèza Alfoldy, e la fiction, infatti, si svolse nelle linee della ricostruzione storica, più che di quella della finzione.

Un film ben fatto, che come carenza vanta solo il tono – a volte stentoreo – della recitazione italiana.

Una narrazione che si svolge in flashback, attraverso i pensieri a ritroso dello stesso Augusto, all’indomani della morte di Agrippa.

Dalla campagna militare a Munda, in Spagna, contro gli ultimi Pompeiani, alla presentazione da parte di Cesare al popolo di Roma, sino all’assassinio dello stesso Cesare, si scandisce così l’ascesa del giovane Ottavio – interpretato da Sadler che, all’epoca, aveva però già 36 anni – .

Poi l’alleanza con Marco Antonio, il matrimonio con la di lui sorella Ottavia, sino alla caduta della figlia Giulia e alla successione di Tiberio.

Se non convince un Mecenate effemminato, convince però l’ambigua Livia interpretata da giovane da Martina Stella, da matura da Charlotte Rampling, forse artefice – o forse no, dipende se si segue o meno Tacito – delle morti degli eredi diretti di Augusto, ovvero Gaio, Lucio e Marcello.

Certo, nella fiction mancano molti personaggi, quali Scribonia, Agrippa Postumo, lo stesso Marcello… ma ci accontentiamo. Molto meglio, in ogni caso, di quel polpettone inventato che è stato la fiction “Rome” di produzione dell’HBO, ad altissimo badget, ma che si è rivelato un agglomerato di strafalcioni storici, in primis per le relazioni coniugali.

La narrazione procede lenta, ma filologica. E la filologia è proprio quella di cui necessita la cultura, per tornare ad appassionarsi alla storia.

  • Un somigliante Ottaviano Augusto (Ben Sadler) e Livia (Martina Stella)