C’è un isola a Venezia, distante un’ora in Barca da San Marco, che sorge isolata tra le barene corrose dall’acqua salmastra, coronata dal volo eterno di innumerevoli uccelli della laguna, cormorani, gabbiani (o cacai, come i gabbiani vengono chiamati a Venezia) e che sotto la parabola del loro volo si delinea, arbrosa e soleggiata.
Tra questi uccelli, nel 1220, frate Francesco operò un miracolo. Essendo il Santo giunto in preghiera trasportato da una galea della Serenissima, seguito da un giovane novizio, frate Illuminato, e con questi inginocchiatosi a pregare, ma venendo interrotto dalle grida dello stormo che lo aveva attorniato, infrapponendosi fra lui e il fratello, avrebbe egli imperato, con estrema cortesia, s’intende, allo storno, di placarsi, affinché egli potesse salmodiare in pace, corrisposto dal confratello.
Il miracolo, ci spiega il colto francescano, che ci accoglie, suggella l’amore di Francesco per il creato, e per tutte le creature di Dio, referenza terrestre di Lui.
Un’alta croce di ferro accoglie le barche dei visitatori, bianche statue nel giardino offre ad essi un sentiero di pace e, per i più credenti, anche di ritiro spirituale.
Qui, dove secondo alcuni ricercatori nacque la Venezia prima di Venezia, intesa come originario nucleo isolare, sviluppatosi da Aquileia, a Burano, indi a San Francesco, qui, dunque, la Storia s’intrecciò alla Politica, salvandosi grazie alla Religione.
Quando il proprietario dell’isola, Jacopo Michiel, seppe del miracolo e della peregrinazione di Francesco, donò l’isola ai francescani, con la sola clausola di costruirsi una piccola casa per il ritiro quaresimale che, alla sua morte, divenne proprietà conventuale.
Il convento inglobò cosi la preesistente cappella dedicata a Maria dell’VIII secolo, e crebbe prosperando.
Abbandonata nel XV secolo a causa della malaria, l’isola fu così rinominata “del Deserto”, nome che tuttavia oggi ben descrive la sensazione di ritiro spirituale che alcuni (pochi) ancora vogliono vivere.
Sopprressa nel 1797 come tutti gli ordini religiosi, l’isola divenne, sotto il dominio napoleonico, un arsenale. La religione ivi ritornò a vivere grazie alla donazione che, su richiesta del Beato Bernardino, ne fece Franz Joseph, quando la donò al patriarca. Essendo di proprietà di questi, l’isola non fu inglobata dal successivo dominio unitario, e, ancora una volta, si salvò.
Si salverà la religione cristiana, in questo secolo ove ormai manca la fede? Si salverà Venezia, dall’acqua, che ogni anno s’innalza di più?
Non lo sappiamo. Eppure un’isola, dal deserto, divenne convento.