Nel giorno di pasqua 2025, una notizia ci scuote come un grido di dolore nel cuore della notte: un giovane sacerdote cattolico, brillante nella mente e sensibile nell’anima, si è tolto la vita. Laureato in fisica, dottorando in teologia a Lugano, coltivava un’intelligenza rara e una spiritualità profonda. Lavorava a una tesi su Pavel Aleksandrovič Florenskij, geniale teologo e matematico ortodosso, martire dei gulag staliniani, una figura che unisce in sé lo slancio della fede e il rigore del pensiero scientifico. Una figura che, come lui, portava la doppia veste del sacerdote e dello scienziato.

Florenskij (1882-1937), sacerdote ortodosso del secolo scorso sposato con Annai chaijlovna Giacintova, professore e mistico, aveva osato tenere insieme fede e ragione, mistica e logica, matrimonio e sacerdozio. Era affascinato dall’unità profonda del reale, dalla luce divina che attraversa anche le leggi matematiche. E forse proprio lì, in quell’anelito all’unità, questo giovane prete suicida aveva trovato la sua ispirazione. Ma anche – forse – la sua inquietudine.
Il celibato, vissuto come dono, può diventare anche una croce, soprattutto in un tempo come il nostro, frammentato e rumoroso, dove la solitudine si fa più acuta e le consolazioni del mondo sembrano più vicine del conforto dell’altare. Non possiamo sapere cosa ha turbato il cuore di questo giovane servo di Dio, ma possiamo immaginare il combattimento silenzioso e il dolore nascosto. Forse non ha retto il peso del silenzio, forse la sete di tenerezza ha superato la forza del voto. Forse è stato un martire dell’amore casto, caduto nella battaglia spirituale che tanti sacerdoti, nel segreto, combattono ogni giorno. O, forse, semplicemente, il suo animo sensibile e studioso si è sentito incompreso da un mondo sempre più materialista, edonista e dissoluto. In ogni caso, preghiamo affinchè Dio abbia misericordia ed impegniamoci a far fare messe in suo suffragio.
In questo momento non servono giudizi, ma lacrime e preghiera. Non servono spiegazioni, ma misericordia e silenzio adorante. L’anima di questo giovane prete grida al cielo come il Salmo 130: “Dal profondo a te grido, Signore”. A noi spetta solo unirci a questo grido, con umiltà e fede.
Preghiamo per lui, perché Dio lo accolga nella luce della Sua misericordia infinita. Preghiamo per il suo cuore ferito, per i suoi sogni spezzati, per il suo desiderio di fedeltà che, pur nel dramma, è forse rimasto integro fino all’ultimo respiro. Il Signore conosce i segreti del cuore, e la sua giustizia è sempre attraversata dall’amore.

Ma soprattutto, preghiamo per i sacerdoti. Perché ogni prete, anche se invisibile e stanco, porta ogni giorno una croce nascosta. Preghiamo perché siano santi, sì, ma anche perché siano umani, amati, sostenuti. Il sacerdozio non è una vetta da scalare da soli, ma una strada da percorrere insieme al popolo di Dio. E senza la preghiera dei fedeli, anche il cuore più ardente può spegnersi. E le donne che amano i preti, per davvero, devono cercare di non indurli inutilmente in tentazione.
Il Signore ha detto: “ Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;“
. Allora, affidiamo questo fratello, questo sacerdote fragile e luminoso, a Colui che è venuto a salvare, non a condannare. E invochiamo la Madre della Misericordia, perché lo abbracci come una madre abbraccia il figlio ferito, riportandolo a casa.
Che questo dolore sia per noi un richiamo. A voler più bene ai nostri sacerdoti. A pregare per loro, con loro. A sostenere con dolcezza e fedeltà chi ha lasciato tutto per seguire Cristo. Perché la santità non è perfezione, ma lotta amata, fedeltà sofferta, grazia ricevuta.
Domine Iesu, Pontifex aeterne, Pastor bone, fons vitae, qui nos, nullis nostris suffragantibus meritis, ex peculiari Sacratissimi Cordis tui munere in sacerdotum tuorum ordinem aggregasti, ad illa implenda vota, quae gratia tua mentibus nostris aspirat, auxiliantis misericordiae tuae nobis larga dona concede. Tu qui pro nobis sanctificasti teipsum, ut simus et ipsi sancti in veritate (cfr. Io. 17, 19), fac, ut a via, quae tu es, numquam digredientes, in doctrina tua sollertes, in exsequendis legis tuae praeceptis fideles, suavissimi Cordis tui imaginem in nostros mores referamus, et in te et per te in omnibus rebus Patri placeamus caelesti.
Resplendeat in nobis cum prudentia omnis forma iustitiae, et castae temperantiae moderationi fortitudinis robur adiungatur. Pectori nostro sincera fides insideat, immortalium bonorum spes solacii rorem infundat; ibique caelestis ignis fiammescat, quem Cor tuum fornax ardens caritatis accendat. Fac ut in verbis tuis, in quibus aeterna sapientia refulget, iugis meditatio nostra versetur, et unde ipsi pascimur, oves gregis tui, curam nostram, pascamus. Qui Evangelio tuo adversantur, unitatis nostrae vereantur compaginem, neque ullo modo in nobis quidquam deprehendant, quod Ecclesiae tuae, Matri nostrae, experti rugae et maculae, imputent. Fac denique ut non nostras utilitates, sed tuam gloriam sectantes, usque ad extremum halitum in officio nostro, rectae voluntatis conscientia pura, perstemus; et cum corpus nostrum morietur, te, quem in terris habemus ductorem et comitem, in Sanctorum splendoribus aeternum praemium sortiamur. Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitate Spiritus Sancti per omnia saecula.
Amen.
Die 14 Maii 1956. Ssmus D. N. Pius div. Prov. Pp. XII benigne tribuere dignatus est partialem mille dierum Indulgentiam, a sacerdotibus saltem corde contrito acquirendam, quoties supra relatas preces devote recitaverint. Contrariis quibuslibet minime obstantibus. N. Card. Canali, Paenitentiarius Maior. S. Luzio, Regens
Liliane Tami