Secondo le cifre ufficiali il numero di persone immigrate nel nostro Paese nel corso degli ultimi quattro anni ha superato di 330.000 unità il numero delle persone emigrate: ciò corrisponde grossomodo ad un afflusso netto pari a tutta la popolazione del Canton Ticino.
Se da un lato tale tendenza, che secondo le previsioni dell’Ufficio federale di Statistica non è destinata a modificarsi, risponde parzialmente ad un bisogno reale della nostra economia, d’altro canto il fatto di non essere più in grado di gestire il flusso migratorio sta viepiù creando notevoli pesanti conseguenze sul nostro quotidiano. A tal proposito basti pensare a settori quali l’alloggio, i trasporti pubblici e privati, le scuole, l’energia e i salari, tutti ambiti messi decisamente sotto pressione da questa incontrollata evoluzione.
Il 28 maggio i delegati dell’Unione democratica di centro decideranno se lanciare un’iniziativa popolare volta ad ancorare alcuni punti fondamentali nella nostra Costituzione riguardanti l’immigrazione. In primo luogo si chiederà che il nostro Paese ritorni a gestire in maniera autonoma la politica migratoria degli stranieri, che rappresentano oggi il 23,5% di tutta la popolazione, tenendo conto certo degli interessi economici svizzeri ma applicando in primo luogo il principio della preferenza nazionale. Questa iniziativa è certamente la benvenuta: da troppo tempo infatti le ticinesi e i ticinesi, più di altri confederati, soffrono gli effetti negativi della libera circolazione delle persone e per questo motivo la nostra sezione si è fatta più volte parte attiva presso la direzione nazionale al fine di chiedere l’elaborazione di soluzioni federali percorribili che permettano di limitare questa deriva.
Ad ogni incontro con i vertici UDC, e sono stati frequenti, basti pensare alla visita del consigliere federale Maurer nel mese di dicembre, a quella di Christoph Blocher in marzo e alla recente riunione delle sezioni latine questo maggio, l’UDC Ticino ha riferito della situazione del nostro Cantone, del numero crescente di frontalieri che creano un effetto di sostituzione con il personale indigeno, delle black list italiane e dell’assenza di reciprocità con la vicina Penisola.
Certo non è stato un compito difficile convincere chi fin dall’inizio non voleva perdere le redini della propria immigrazione o il controllo delle proprie frontiere, tuttavia lo slancio, la capacità d’analisi messa in campo e l’impegno del primo partito svizzero non lasciano dubbi sulla precisa intenzione di spendersi in favore di tutte le cittadine e i cittadini del nostro Paese che hanno a cuore il proprio futuro e il futuro dei propri figli.
La Svizzera, che ha sempre saputo offrire grandi opportunità professionali e prospettive più che dignitose a coloro che con abnegazione e spirito di sacrificio immigravano nel nostro Paese contribuendo alla generazione del benessere collettivo, è infatti oggi chiamata a difendere il benessere e il futuro della propria popolazione. Privata di strumenti che permettano la gestione del flusso migratorio, la classe media e i piccoli imprenditori indigeni rischiano di vedersi viepiù penalizzati da una concorrenza troppo spesso sleale permessa dall’impossibilità di tutelare i nostri interessi nazionali.
L’UDC è pronta a raccogliere questa sfida e senza alcun dubbio lancerà questa fondamentale iniziativa che potrà e dovrà rappresentare la futura opzione politica in ambito migratorio del nostro Paese.
Marco Chiesa, deputato UDC