Pochi giorni fa una 39enne di Morbio Inferiore ha raccontato alla stampa il suo colloquio di lavoro presso una nuova società insediata in Ticino. “Lo stipendio che lei chiede è troppo alto. Noi abbiamo scelto di venire nel sud del Ticino per pagare poco i dipendenti”, si è sentita rispondere la donna al termine dell’incontro.

Purtroppo non si tratta di una sorpresa. Il Ticino è infatti meta di imprenditori stranieri che desiderano risparmiare sui costi amministrativi, usufruire di imposte più basse, di ottimi servizi e di leggi di lavoro più elastiche. Questo pericoloso trend è in atto ormai da qualche anno. Si può affermare che nel nostro Cantone si sta ormai sviluppando un’economia parallela che taglia fuori i ticinesi. Le ricadute, ovviamente, sono deleterie sia per i lavoratori, sia per gli imprenditori onesti, sia, ovviamente, per lo Stato chiamato a sostenere un numero sempre crescente di persone in difficoltà.

Un’analisi di pochi mesi fa effettuata dal Servizio di informazioni economiche Orell Füssli (OFWI), su incarico della SonntagsZeitung, rivelava che nel quinquennio 2008-2013 il numero delle nuove aziende italiane insediate nel nostro Cantone ammonta a 4’528. Gli imprenditori italiani, secondo il rapporto, amano particolarmente le località di Lugano (1’516) e Chiasso (543). Ma quante di queste nuove ditte portano un valore aggiunto? Quante di queste aziende assumono mano d’opera indigena contribuendo al benessere dell’economia e della comunità? Quanto del nostro prezioso territorio è stato sacrificato su questo altare economicamente perverso? E quante hanno usufruito degli incentivi statali messi a disposizione da progetti come Copernico? Ad oggi le risposte sono chiare: i benefici per il Ticino e i ticinesi è stato pressoché nullo, mentre i danni sono enormi.

Il nostro Cantone deve intraprendere una politica d’attrazione d’investimento diversa da quella attuale. Aziende ad alto valore aggiunto devono poter trovare il loro spazio nella nostra economia. Aziende rispettose del territorio: basta insediamenti di capannoni che tolgono metri quadrati di verde per poi assumere solo frontalieri. Basta speculazione sui salari che tagliano le gambe ai nostri lavoratori e creano una feroce concorrenza sleale con i nostri imprenditori responsabili. Basta contributi economici e agevolazioni fiscali a quelle aziende che assumono solo mano d’opera straniera: se vuoi accedere a contributi statali le assunzioni devono avere una percentuale indigena superiore all’80%!

Siamo ancora in tempo per salvare la baracca ma la politica deve farsi finalmente carico di questo problema con assoluta priorità attuando tutte le misure, comprese quelle più drastiche, necessarie . Non bisogna ripetere l’errore commesso con la libera circolazione delle persone: la politica non chiuda gli occhi fino a quando gli effetti diventano insostenibili per poi mettere dei cerotti sul paziente in coma. Interveniamo ora per costruire un Ticino su basi economicamente e socialmente solide e, soprattutto, a misura di ticinese!

Elisabetta Lara Gianella, Lega dei Ticinesi