Questa volta Trump è stato attento a non infiammare uno scontro al Senato, dalla risicata maggioranza repubblicana, dopo la disapprovazione del provvedimento sul bilancio di governo.

Grazie al suo silenzio è bastato appena un weekend perché ci si accorgesse che chiudere gli uffici amministrativi statunitensi e lasciare a casa senza stipendio centinaia di migliaia di dipendenti pubblici, così come prevede l’innesco automatico dello shutdown in caso di mancanza d’intesa sul finanziamento delle attività federali, non è una propaganda politica molto azzeccata né per i Repubblicani, né per i Democratici.

Del resto però, i mercati finanziari lo avevano già intuito i giorni precedenti l’approssimarsi della paralisi del governo federale visto la chiusura positiva delle Borse malgrado il rischio shutdown. Fatto questo che conferma il grande fiuto degli analisti sulle scene politiche.

Alla fine i Democratici del Senato hanno accettato la proposta di finanziare il governo almeno fino al giorno 8 febbraio. Un accordo transitorio grazie alla promessa dei Repubblicani di presentare un progetto di legge per risolvere concretamente il problema dei dreamers entro quella data.

Anche l’avvio del tradizionale raduno di élite al World Economic Forum di Davos, ha contribuito ad ottenere questa tregua.

Il raduno di Davos, che ogni inverno si tiene nella cittadina sciistica in Svizzera, rappresenta infatti un’occasione per un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell’economia internazionale assieme ad intellettuali selezionati per discutere delle questioni economiche ed ambientali che il mondo deve affrontare.

Un raduno importante dunque per migliorare lo stato del mondo, ma lo è altrettanto per le persone che amano il business visto che Davos offre la possibilità di concludere affari durante le varie riunioni con i clienti provenienti da tutto il mondo.

E il presidente Trump non perde l’occasione del raduno per svelare la sua prima mossa protezionistica in qualità di responsabile del commercio statunitense, decretando alcune restrizioni commerciali sulle importazioni di alcuni prodotti quali i pannelli solari e le lavatrici. Mossa questa che anticipa la volontà di Trump di mettere in atto ulteriori restrizioni commerciali sulle importazioni anche di acciaio e di alluminio, mirate soprattutto a punire la Cina.

Ci sarà dunque molto lavoro a Davos, visto le reazioni immediate di altri paesi produttori che hanno definito la decisione USA “un abuso ai rimedi commerciali”. Gli effetti delle decisioni che i paesi colpiti prenderanno potrebbero essere avvertiti già durante il raduno. Infatti le sfide legali con ricorsi che verranno presentati all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) potrebbero generare una potenziale ritorsione.

L’ultima volta che è stata utilizzata una misura simile risale al 2002, quando l’ex presidente George W. Bush ha approvato le tariffe globali sulle importazioni di acciaio. Tuttavia, queste tariffe sono state ritirate poco più di un anno dopo che il WTO le dichiarò illegali autorizzando l’Unione europea a imporre dazi di ritorsione per 2,2 miliardi di dollari sulle merci statunitensi.

I gruppi industriali statunitensi in compenso hanno elogiato quest’azione nella speranza che faccia presagire una futura azione di protezione per i lavoratori degli Stati Uniti, ma i sostenitori del libero scambio affermano che la mossa farà più danni che benefici.

Per tutto questo, serviva raggiungere una tregua al Senato per interrompere gli effetti negativi dello shutdown. Donald Trump può adesso rivendicare una vittoria a breve termine.

Questa tregua ritarda il dilemma più fatale che Trump deve ancora affrontare nella sua presidenza, la questione che ha generato la sua ascesa politica: l’immigrazione.

I Democratici ritengono di aver limitato i danni e hanno concesso tempo per raggiungere un accordo sul tema grazie al ruolo di primo piano svolto dal senatore Joe Manchin del West Virginia, che ha ottenuto l’assicurazione dal leader di maggioranza al Senato, il repubblicano del Kentucky Mitch McConnell, di consentire il dibattito su una misura bipartisan che possa raggiungere il loro obiettivo di proteggere centinaia di migliaia di immigrati privi di documenti in cambio di un accordo di finanziamento a breve termine fino all’8 febbraio prossimo.

Certo il tempo a disposizione fa dubitare fortemente che quello che non è stato possibile fare prima si possa fare nelle prossime 2 settimane. Ma forse i senatori repubblicani hanno avuto un certo successo nel definire l’ok dei Democratici come una resa dei conti visto che darebbero la precedenza agli immigrati illegali che ai cittadini americani.

Prima o poi Trump deve prendere una posizione difficile sulla protezione o meno dei destinatari del programma DACA in scadenza. Una mossa che potrebbe metterlo in contrasto con molti dei suoi più convinti sostenitori della sua base politica, dato che suonerebbe come amnistia per i clandestini.

Per il momento l’interruzione dei finanziamenti per tutti i servizi statali è finito. Il punto verrà fatto tra pochi giorni.