Ma è poi vero che quella in corso è “la crisi piu’ grave tra Francia e Italia dal 1940 (dichiarazione di guerra)”? E tutto per colpa dei “gilet gialli” e del vicepremier Luigi Di Maio, uno che fino a un paio di anni fa vendeva bibite (come “steward”, in dialetto napoletano “bibitaro”) arrampicandosi sugli spalti della stadio San Paolo di Napoli?

“On aura tout vu!” dicono i francesi. “Ma si puo’? direbbe perfino, allibita, una “sciuretta” milanese.
Infatti non è cosi’. Le crisi fra Italia e Francia non si contano, ma finora erano state quasi tutte sotto traccia. La diplomazia interveniva sempre a “sopire, troncare”. Chissà perchè stavolta non è intervenuta? Ho l’impressione che Emmanuel Macron volesse marcare ad ogni costo un punto a suo favore e che l’ingenuo Di Maio gli abbia fornito un assist (per rimanere al gergo in uso al San Paolo, e anche a San Siro) in piena regola. D’altra parte Macron è uno che è riuscito a sposare – venti anni dopo – la sua prof di francese, e uno cosi’ ha pazienza da vendere.

Di Maio si informasse, prima di sparare a casaccio.
Da dove cominciare a parlare di crisi italo-francesi? Dal petrolio, naturalmente. La politica dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi, l’azienda petrolifera italiana) è piu’ raffinata di quella di molti stati e Enrico Mattei – che rifiuto’ di mettere l’ENI in liquidazione – lo sapeva benissimo. Sapeva che una guerra non è vinta o persa finchè non sono venduti i residuati.

Fra questi “residuati “, dietro all’ENI, c’erano anni di ricerche geologiche come quelle di Ardito Desio durante il fascismo, che Mattei si ritrovo’ sulla scrivania insieme alla “pratica ENI”.L’ ENI porto’ con se’ l’appoggio di Mattei all’FLN (Fronte di Liberazione Nazionale algerino e e ai “fellah” che combattevano contro la Francia, prima quella di de Gaulle, poi quella della Quarta Repubblica, infine quella della Quinta, fondata dallo stesso de Gaulle. E mentre da studenti aiutavamo i partigiani di Ferhat Abbas, l’ENI già sosteneva i militari algerini che aspettavano al confine con l’arma al piede che i patrioti si sfiancassero, poi che si ammazzassero fra loro, infine che consegnassero ai militari il potere a Algeri. Ci vuole una dilpomazia raffinata per capire questo prima degli altri (i francesi). Bisogna conoscere la storia della Russia perchè è con l’URSS che fatalmente si allearono i dirigenti dell’Algeria indipendente, come era successo a Cuba, piacesse o no a “Che” Guevara.

E anche nei rapporti con l’URSS l’Italia aveva una marcia in piu’ della Francia, con i suoi eccellenti rapporti politici con Mosca che risalivano al fascismo. Neanche la morte di Enrico Mattei (su cui molto si è scritto, ricordero’ l’ottimo volume di Carlo Maria Lomartire) riusci’ a mettere nell’angolo l’ENI. Neanche il proditorio attacco anglo-francese alla Libia del 2011 che Berlusconi non ebbe il fegato di contrastare, come gia’ quello del 1956 contro il maggior sostenitore dell’”Algèrie Algèrienne, il leader egiziano Gamal Abdel Nasser.

Finché Berlusconi ha avuto l’idea di venire a Tripoli a scusarsi con i libici per i torti fatti loro dal fascismo, mostrando cosi’ agli algerini – che hanno seguito la cosa con grande interesse – cio’ che la Francia non aveva mai fatto con l’Algeria: chiedere formalmente perdono per il colonialismo, per le stragi del 1945 e per tutto il resto.

I “gilet gialli” amici di Di Maio? “Quantités negligeables”.. Bravo Macron.

Umberto Giovine