Mi permetto di far giungere questa lettera alle redazioni dei giornali ticinesi, ma soprattutto alle cittadine e cittadini ticinesi. Una lettera di cui ho preso a cuore il tema, ma per rispetto non ho assolutamente intenzione di appropriarmene la paternità. Appongo la mia firma con piacere dato che la ragazza (un’amica di lunga data), firmandola, potrebbe avere ritorsioni e magari rischiare il posto di lavoro attuale. I quotidiani, per loro regole, chiedono che le lettere pubblicate sulla rubrica “lettori che scrivono” debbano, se non in casi più unici che rari, essere firmate. La persona esiste e quindi io non ho nessun merito per questo scritto toccante ma determinato.

E’un’amica che vuole esternare la sua rabbia e frustrazione per la situazione “di speranze infrante” in cui si trova. Una malessere che ahimè è comune e non passa giorno in cui sui quotidiani non si legga di licenziamenti e disoccupazione, di abusi, di mobbing e ingiustizie. Non mi dilungo, vi lascio alla lettura:

“Ad un anno dalla laurea il 95% degli studenti risulta occupato, percentuale che sale al 98,3% a 5 anni dalla laurea.” I risultati del sondaggio svolto nel 2009 dall’Università della Svizzera italiana parlano chiaro.

E`auspicabile che il 95% abbia un’occupazione (di qualsiasi tipo questa sia) e non credo che occorra un sondaggio per venirne a conoscenza. Non sarebbe più opportuno fare indagini mirate per le SINGOLE facoltà per constatare se l’offerta dell’università è in effetti ciò che il mercato del lavoro richiede? Non parlo di un’occupazione qualsiasi, ma coerente con il percorso accademico svolto. Valutiamo nello specifico la facoltà di scienze della comunicazione e domandiamoci se:

  • il denaro (non poco) e il tempo investito in questa facoltà hanno portato i frutti desiderati per chi, al momento dell’iscrizione, sperava di diventare uno specialista della comunicazione.
  • nel campione di ricerca rientrano anche coloro che lavorano come segretario/a, consulenti di vendita (precisiamo, “commessi”, non manager!) o coloro che hanno ricominciato a studiare per ottenere un attestato federale  o quant’altro non per un loro desiderio, ma per esigenze di mercato?

Eh sì, scusatemi, tutte queste posizioni rientrano nel campo della comunicazione. Comunicano, con chi non ha importanza, ma comunicano!

Anch’io rientro in questo gruppo, non del campione di ricerca però! Sono 5 anni che ho ottenuto il diploma in Scienze della comunicazione e sono consulente di vendita. È da altrettanti anni che non demordo e invio il mio CV in Ticino ed Oltralpe per riuscire a trovare un impiego corrispondente al mio percorso accademico,  con esito purtroppo negativo. Provo ad intraprendere una nuova strada e decido di rispondere ad annunci per posizioni non proprio in linea con il mio curriculum e le risposte non si differenziano dalle precedenti (quando si ha la fortuna di ottenerne una!): “non risponde al profilo richiesto, le manca l’esperienza, è troppo qualificata”. Bene, ora mi chiedo: “come può una persona fare esperienza se le viene negata questa opportunità quando vi è l’impegno, il desiderio di mettersi in gioco e dove le sfide non fanno paura?”

Sfido chiunque a stare una sola settimana al mio posto quando, in realtà, vorrebbe che la sua vita professionale decollasse. Conoscere da vicino la frustazione che giorno dopo giorno cresce. Confrontarsi ogni giorno con coloro che, con quell’aria di sufficienza, dicono: “hai frequentato l’Università per fare la commessa?”(Precisiamo: professione nobilissima). Rientrare a casa con il desiderio di seguire dei corsi che permettano di specializzarsi in un ruolo professionale più consono alle esigenze del mercato e scoprire che questi non sono certo cuciti su misura per il settore della vendita (corso serale a partire dalle 18.00 e alcuni sabati mattina!). Un’altra occasione per migliorare la propria condizione che sfuma, giungendo così a pensare che svolgere un apprendistato avrebbe forse offerto più soddisfazioni professionali.

Un giorno, voglio ancora crederci, ci sarà qualcuno che mi darà la possibilità di crescere professionalmente. Ora sono io che lancio una provocazione, partendo da un esempio del passato, regalo uno stipendio a chi vorrà offrirmi una chance.

Invito chi si trovasse nella mia stessa posizione a farsi avanti per mostrare la vera condizione di noi laureati.

Concludendo, voglio ricordare con l’amaro in bocca quando ho sentito dire: “scienze della comunicazione più nota come scienze della disoccupazione”….

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Il problema occupazionale che stiamo vivendo nella nostra realtà svizzera e ticinese ha anche, a mio giudizio, radici nella scuola e nella formazione. Non punto il dito contro la metodica d’insegnamento, lungi da me, ma muovo una critica, spero costruttiva, su quali studi e formazioni scolastiche stiamo indirizzando i nostri giovani studenti. Siamo sicuri che tutte le nostre accademie, scuole specializzate ed università siano in sintonia con il vero mercato del lavoro? Possiamo garantire un posto di lavoro terminati gli studi?  Oppure “fabbrichiamo disoccupati” e cerchiamo all’estero la manodopera che ci serve, a salari stracciati?

Sembra, leggendo la lettera che le cose vadano purtroppo in questa direzione.

Sono contento di poter dare una mano a questa amica affinchè la sua voce possa giungere ai cittadini, al mondo economico, lavorativo, scolastico e più di tutto politico.

Tiziano Galeazzi

Municipale di Monteggio