La politicizzazione di questi argomenti da parte degli ambienti xenofobi – scrive la Commissione federale per le questioni femminili (CFQF) – non dovrebbe dissuadere le istituzioni responsabili della politica della parità dallo schierarsi chiaramente contro le pratiche che discriminano le donne.

I diritti alla parità non possono essere relativizzati
In qualità di commissione extraparlamentare e di organo consultivo della Confederazione, la CFQF ha il compito di riflettere con spirito critico e da diverse angolature su questioni controverse inerenti alle pari opportunità tra donne e uomini. In adempimento al proprio mandato, la commissione si è occupata a fondo di temi come la copertura del capo e il velo integrale, l’abbigliamento e i simboli nella scuola, le dispense per singole materie (educazione sessuale, nuoto), ma anche di altri temi delicati come le scuole private religiose e l’home schooling, tenendo sempre presenti i pareri più diversi. Anche i problemi spinosi devono entrare nell’agenda politica ed essere discussi apertamente.

È opportuno introdurre restrizioni all’osservanza di pratiche religiose/culturali per tutelare i diritti delle donne e delle ragazze
Religione e cultura non possono essere strumentalizzate per discriminare le donne, per escluderle dal godimento dei loro diritti o per giustificare violazioni. Le posizioni giuridiche elementari che lo Stato deve rispettare e proteggere non si limitano alla libertà religiosa, ma includono anche il divieto di discriminazione a causa del sesso, la tutela dell’integrità fisica e psichica, la libertà di contrarre matrimonio o ancora il diritto all’istruzione scolastica di base. In Svizzera, tra i passi più significativi compiuti lungo il cammino verso la parità dei sessi figurano il nuovo diritto matrimoniale e del divorzio e il mandato di realizzare la parità nel settore nella scuola. Questi progressi sono legati a doppio filo all’emancipazione dalle influenze religioso-patriarcali portata avanti con determinazione dai movimenti femminili e, non da ultimo, dalla rivoluzione sessuale. Lo Stato è chiamato a preservare e a difendere con fermezza queste conquiste anche dinanzi a rivendicazioni religiose o culturali avanzate da gruppi di immigrati o indigeni.

Copertura del capo e velo integrale

La copertura del viso con ad esempio un burqa o un niqab è una pratica che discrimina pesantemente le donne in quanto preclude loro una prerogativa fondamentale di una società libera, ossia la facoltà di muoversi senza restrizioni e di mostrare il proprio volto in pubblico. L’inserimento nel codice penale di un divieto del velo integrale nei luoghi pubblici è tuttavia fuori luogo e costituirebbe una misura sproporzionata. Per contro, secondo la CFQF, lo Stato non deve accettare l’uso di veli che nascondono il volto né a scuola né in qualsiasi altro servizio pubblico, e sia i Cantoni che i Comuni devono essere legittimati a imporre la riconoscibilità del viso e l’identificazione a coloro che desiderano accedere a istituzioni e servizi pubblici.

Il velo integrale non è equiparabile al foulard musulmano e ad altri copricapo di genere, ad esempio le parrucche delle donne ebree ortodosse. Se a decidere liberamente di indossare un copricapo per motivi religiosi nei luoghi pubblici sono donne adulte, in virtù della libertà di fede e di coscienza, questa loro scelta deve essere rispettata analogamente all’uso di altri simboli religiosi.

Abbigliamento e simboli nella scuola
L’immagine esterna della scuola pubblica e dei docenti che vi lavorano così come i suoi contenuti educativi devono essere conformi al principio della neutralità confessionale. La CFQF raccomanda alle scuole di accettare che gli allievi indossino indumenti o simboli religiosi purché ciò non pregiudichi il loro sviluppo sociale e l’interazione con i compagni. Nel contempo, le esorta però a non tollerare gli abbigliamenti di genere, espressione di un atteggiamento denigratorio e di controllo nei confronti della donna e della sua sessualità, nonché di una concezione dei generi fondamentalmente in contrasto con gli obiettivi di parità perseguiti dallo Stato. Tra gli indumenti da bandire figurano non solo il velo che copre il volto e il foulard, ma anche ad esempio le gonne lunghe prescritte da alcuni movimenti delle Chiese libere.


Dispense per singole materie nelle scuole pubbliche

La scuola è tenuta a rispettare le convinzioni di fede fintanto che esse risultano compatibili con il diritto dei minori al libero sviluppo personale. Il programma, le materie e le attività scolastiche come le colonie o le gite devono essere obbligatorie per tutti gli allievi e, in linea di principio, non deve essere concessa alcuna dispensa. Su questi aspetti, la CFQF auspica un atteggiamento più restrittivo da parte dei Cantoni.

Scuole private religiose e home schooling
Le scuole private religiose e di altro tipo devono essere maggiormente esortate a rispettare gli obiettivi educativi della scuola pubblica compresa la non esclusione e la non discriminazione delle ragazze dal punto di vista dell’apprendimento e nelle loro attività sociali. Un’autorizzazione per praticare l’home schooling dovrebbe essere rilasciata solo in casi eccezionali, in presenza di motivi oggettivi sufficienti o solo per brevi periodi.