Come volevasi dimostrare, le statistiche sulla disoccupazione non danno adito ad ottimismo per il nostro Cantone. A fine dicembre il tasso di disoccupazione in Ticino era del 5.7% contro il 5.5% di novembre. Tasso che schizza al 9% per le persone tra i 20 e i 24 anni, ossia per chi ha appena finito una formazione.

Particolarmente allarmante il dato del distretto di Locarno, dove ci si ritrova con un “simpatico” 7%; preoccupano anche le cifre del distretto di Lugano, se si pensa che il cosiddetto “motore economico” del Cantone totalizza un tasso di disoccupazione del 5.7%, ossia uguale alla media cantonale.
E’ così ampiamente superato il 5% di senza lavoro, soglia oltre che psicologica, legale, che, dopo un certo numero di mesi, dovrebbe far scattare misure particolari (aumento del numero di indennità di disoccupazione) cofinanziate da Cantone e Confederazione.

Assistenza
Altrettanto preoccupante è, ovviamente, l’aumento delle persone in cerca d’impiego, salito a 12mila. Al proposito di questa cifra, essa non comprende molte categorie di persone; al punto che c’è chi stima che il numero reale dei senza lavoro sia in realtà vicino al doppio rispetto al dato ufficiale. E’ chiaro che non si può fingere che vada tutto bene. Tanto più che cominciano ad arrivare – trascorsi i canonici due anni dall’inizio della crisi – i primi segnali negativi riguardo alle persone in assistenza. A Lugano, ad esempio, i casi in gestione sono aumentati di una sessantina (su un totale di un po’ meno di 800). Non sono in realtà le nuove domande d’assistenza ad aumentare, sono le uscite dall’assistenza a diminuire. Circostanza che può essere letta come una maggiore difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro da parte delle persone che ne sono “cadute fuori”. In altre parole chi entra in assistenza fa più fatica ad uscirne, o non ne esce proprio.

I conti non tornano
E’ inutile allora girare attorno alla torta. E’ chiaro che non sta né in cielo né in terra che ci siano da un lato 20mila o più persone residenti in Ticino in cerca d’impiego e, dall’altro, quasi 50mila frontalieri in continua crescita, oltre che 12mila notifiche all’anno di lavoro temporaneo da Oltreconfine, anch’esse pressoché raddoppiate negli ultimi anni. Nemmeno è normale che ci siano politici ticinesi che si fanno montare la cucina da operai frontalieri, e men che meno che fiduciarie della piazza luganese licenzino ticinesi ma tengano i frontalieri.

Cresce inoltre il numero dei laureati che non riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro. Non solo nelle materie di tipo letterario che non hanno mercato e ormai lo sanno anche i sassi. Chi vuole studiare queste discipline deve quindi mettere in conto che, se vorrà lavorare, dovrà farlo in un campo che non è quello della sua formazione. Quindi, forse, tanto varrebbe intraprendere da subito un’altra strada. Ma ci sono anche diplomati in discipline scientifiche costretti a fare i “frontalieri al contrario”, ossia a lavorare a Milano per le paghe del posto, il che significa non avere di che vivere in Ticino. Sempre più giovani concludono la formazione e poi non sanno dove andare a sbattere la testa. Dicono i partiti storici e coloro che hanno voluto i deleteri Accordi bilaterali: “troppo facile dare la colpa alla libera circolazione delle persone”. Forse costoro non sanno che sui quotidiani italiani della fascia di confine vengono pubblicate le offerte di lavoro in Ticino, e che ci sono dei siti internet specializzati, e molto frequentati, come ad esempio www.lavorosvizzera.com. Siti che forniscono tutte le informazioni del caso a chi volesse venire a lavorare in Ticino dalla vicina Penisola.

Forse costoro non sanno che se da noi la disoccupazione giovanile è del 9%, qualche decina di km a sud è oltre il doppio. Forse costoro non sanno che la paghe ticinesi sono vistosamente superiori a quelle italiane (poiché proporzionate al nostro costo della vita). Forse costoro non sanno che anche nei paesi della stessa UE, in primis proprio in Italia, si stanno alzando barriere alla libera circolazione delle persone. Questo per preservare le opportunità di lavoro della manodopera locale. Forse costoro non sanno che, a causa dell’Euro ai minimi termini, cresce il bacino di potenziali frontalieri disposti a lavorare da noi per paghe ancora inferiori, e, di conseguenza, inarrivabili per i residenti: tanto poi possono “recuperare” col cambio. E allora forse è giunto il momento di cominciare a dare la precedenza alle necessità dei ticinesi piuttosto che al rispetto di accordi internazionali che siamo rimasti i soli ad osservare. E per di più senza essere nemmeno capaci di interpretarli nel nostro interesse.
Lorenzo Quadri
Deputato in Gran Consiglio
Lega dei Ticinesi