Nel mondo politico svizzero è apparso un fenomeno che può essere inteso come la logica conseguenza dello storico assenteismo elettorale e che si sta affermando a ritmo crescente mandando in fibrillazione gli attori della politica.

Parlo del “disaffezionamento” dei cittadini dai partiti politici, della difficoltà di riconoscersi in un determinato partito con la conseguenza di attribuire voti soltanto ai singoli candidati scelti e rinunciando a votare la scheda di partito. Questo comportamento dell’elettore sta assumendo dimensioni molto importanti e non risparmia il Ticino: una spada di Damocle sulle prossime elezioni cantonali!
Nel tentativo di contrastare questo fenomeno i partiti hanno studiato strategie. I candidati alle elezioni di aprile inondano i giornali di ogni possibile argomento per accalappiare ogni fascia di popolazione e per riguadagnarsi se non proprio la fiducia, almeno il voto dei cittadini.

Sicuramente ci si imbatte in articoli messi giù anche benino, ma purtroppo traspare spesso un approccio poco convinto. E’ difficile che il lettore non si renda conto che tutto questo scrivere serve ai candidati a farsi vedere più che esprimere una ferma volontà di prendersi cura di una determinata questione: un opportunismo di campagna elettorale che non incanta più.
C’è persino chi ha superato i limiti del buon senso e tenta di spaventare gli elettori con la questione dell’esodo in massa di esuli nord africani verso il nostro cantone. Un’altra mente illuminata ha evocato la gerontocrazia, una forma di potere che trova poco spazio nella nostra civiltà, tanto più che le sue radici fondano nella saggezza e nel vantaggio comune. Niente male, di che sognare ad occhi aperti!

La verità è che tra i fedeli ai partiti parecchi buoi sono già fuggiti dalla stalla e molti altri si accingono a farlo. È’ dunque per lo meno lecito chiedersi le ragioni di questo cambiamento e cosa stia succedendo.
Un’ipotesi potrebbe essere la seguente: In misura sempre maggiore si perde di vista lo scopo fondamentale dei partiti quali portatori di ideologie.
Una volta infatti ci si riconosceva nei partiti perché si condividevano gli stessi pensieri e principi circa le basi morali e sociali. Al di sopra dei partiti stava il benessere della comunità.
Oggi, nelle parole e nei comportamenti dei singoli rappresentanti o dei candidati, i cittadini non riconoscono più con chiarezza le linee direttive e gli ideali di un partito. Quando si verificano queste situazioni, il partito cade al livello di “gruppo di interessi” e perde le sue funzioni fondamentali. Il malessere parte dal deplorevole tentativo di porre un partito al di sopra dell’interesse comune, ignorando che è sempre il cittadino a detenere il potere assoluto e che egli va ascoltato. In caso contrario l’inevitabile conseguenza è che il mondo politico perde l’unico punto d’appoggio valido e possibile. A quando dunque un ritorno a un maggior rispetto del cittadino elettore, votante e contribuente ?

Oggi siamo confrontati a decisioni talmente importanti e pratiche da far apparire assurdo il fingere di aggrapparsi a ideologismi già da tempo affermati o superati, o persino a vecchi screzi e rancori personali per decidere – o peggio non decidere – l’una o l’altra questione.
Non possiamo più permetterci di avere in governo e in Parlamento gente litigiosa o disinteressata, che con il suo modo di fare getta sabbia nell’ingranaggio.
Ogni candidato si fa carico della responsabilità di rappresentare la popolazione ticinese nel senso democratico della parola. Democrazia, etimologicamente il potere del popolo, dal greco demòs (popolo) e cràtos (potere).
Il candidato non può pensare all’elettore come al cliente di un supermercato, al quale vendere ciò che più gli conviene. Invece di mille discorsi deve chiedersi quali sono i problemi da risolvere e le opportunità da cogliere nei prossimi anni, riconoscerli e dimostrare di voler lottare per essi. Deve chiedersi cosa attende da lui la comunità: quali risposte e anche quali domande. Il candidato deve essere conscio della responsabilità che si appresta ad assumere e del ruolo che intende ricoprire.

Per questo un candidato va rispettato. Guai a lui però se si mette a sbandierare ideologie e vuoti decaloghi, a mancare di rispetto o ignorare il senso culturale e sociale del nostro paese. In caso contrario il 10 aprile più che un’elezione sarà un corteo del Rabadan e la politica che ne conseguirà sarà una ignobile farsa e una pericolosa lotteria.

mogam