Sabato 2 aprile il Capo dello Stato maggiore americano, l’ammiraglio Mike Mullen, ha confermato di fronte alle Commissioni della Difesa di Camera e Senato il ritiro di navi ed aerei da guerra statunitensi dall’operazione Unified Protector.

Gli aerei americani rimarranno comunque a disposizione se la Nato richiederà il loro intervento. Gli Stati Uniti manterranno attivi in Libia i velivoli da guerra elettronica, gli aerei radar Awacs le operazioni psicologiche EC-130, che diffondono sui canali radio televisivi libici appelli alla resa del regime e delle forze lealiste.
Da sabato dunque i raid contro le forze di terra libiche saranno condotti da Francia, Gran Bretagna, Canada e altri paesi della Nato. Il ritiro degli USA priva la coalizione di ben 90 jet. I bombardamenti aerei saranno eseguiti da una quarantina di aerei francesi Rafale, Mirage 2000 e Super Etendard, Tornado britannici, F-18 canadesi e F-16 belgi, olandesi, danesi e norvegesi.

Con numeri così ridotti non sarò possibile effettuare molti attacchi al giorno e soprattutto sarà difficile mantenere una presenza costante sulle aree di combattimento ad Ajdabiya, Marsa el Brega e Misratah, perchè molti aerei sono ancora necessari per bombardare le infrastrutture militari in Tripolitania, come dimostrano gli ultimi raid sulle città di Khoms e Arrujban.
Questo indebolimento della forza aerea alleata rischia di prolungare il conflitto lasciando alle truppe di Gheddafi ampie possibilità di resistere se non addirittura di sopraffare i rivoltosi, riconquistando le città che erano passate sotto il controllo dei combattenti opposti al regime.

Domenica 3 aprile le forze armate libiche agli ordini del colonnello Gheddafi sono avanzate nella città di Misratah e hanno proseguito i combattimenti per riprendere il completo controllo di Marsa el Brega e Ajdabiya.
Stando al personale medico, settimana scorsa a Misratah le truppe di Gheddafi hanno ucciso almeno 160 persone. Accerchiati dai militari del regime, gli insorti affermano di avere ancora il controllo della città ma gli avversari avanzano e lasciando dietro di loro decine di cadaveri. Isolata, la città di Misratah inizia a non avere più scorte di viveri né di carburante.

Stando al canale televisivo al Arabiya le forze governative bombardano le città lanciando decine di missili. Se l’informazione fosse vera andrebbe a smentire le affermazioni della coalizione, che aveva dichiarato di aver neutralizzato tutto l’armamento bellico del regime. Nelle città di Ketla, Zentane e Yefren, un centinaio di chilometri da Tripoli, le vittime di questi attacchi si contano a decine e i numerosi feriti vengono ricoverati negli ospedali dove scarseggia il materiale per poterli curare.
I ribelli sono stati fermati nel loro cammino verso il golfo di Syrte ma dichiarano che intendono riorganizzarsi al più presto. Le loro brigate si compongono di giovani e meno giovani, volontari, ex militari e disertori dell’esercito regolare. Dove manca l’esperienza tattica sopraggiunge la voglia di combattere ma indubbiamente i soldati di Gheddafi sono più forti e meglio equipaggiati e malgrado gli attacchi delle forze agli ordini della Nato riescono ancora a prevalere sul campo.

Venerdì sera un convoglio di ribelli è stato bombardato nei pressi di Marsa el Brega dagli aerei della coalizione Nato. Nove ribelli e quattro civili sono morti. A Bruxelles un responsabile della Nato ha spiegato che verifiche sono in corso per appurare se aerei agli ordini dell’Alleanza si trovavano effettivamente in quella zona al momento dell’attacco. Tripoli ha immediatamente approfittato dell’errore per accusare le forze della coalizione di crimini contro l’umanità e di soppressione sistematica di civili innocenti.

Anche domenica è continuata la spola delle navi ospedale in provenienza dalla Turchia. Domenica mattina la nave Anatolia ha lasciato la Libia con a bordo oltre trecento feriti che verranno curati negli ospedali di Istanbul.