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Ognuno di noi si è chiesto, almeno una volta, se una testa mozzata smette istantaneamente di pensare o se gli occhi smettono subito di vedere. Nei secoli scorsi molti hanno tentato di dare una risposta ma, a tutt’oggi, non siamo in grado di farlo.

Comunque sia, dicevo, ognuno ci ha pensato, Antoine Joseph Wiertz (1806-1865), pittore e scultore belga, in un testo pubblicato nel 1870 scrisse “Pensieri e visioni di una testa tagliata”.
Vorrei proporlo non tanto per la drammaticità dello scritto, o per la fredda analisi che il pittore riesce a trasporre nel testo, ma perché, alla fine, ci si potrebbe chiedere: e se fosse vero?


“Proprio di recente alcune teste sono cadute sul patibolo. In quest’occasione all’artista venne l’idea di avviare indagini intorno a questo problema: dopo la sua separazione dal tronco, la testa rimane ancora capace per alcuni secondi di pensare? Quelli che seguono sono i risultati dell’indagine.

In compagnia del signor… e del signor D., il quale è un esperto magnetizzatore, venni ammesso al patibolo.
Là invitai il signor D. a mettermi in rapporto con il capo reciso tramite i nuovi procedimenti che gli sembrassero appropriati allo scopo. Il signor D. si presto alla cosa.
Fece alcuni preparativi e attendemmo poi, non senza eccitazione, la caduta di una testa umana. Quando giunse l’istante inesorabile, la lama terribile cadde con un sibilo, scuotendo l’intero palco e facendo rotolare la testa del condannato nell’orribile sacco rosso di sangue.
In quell’istante i capelli ci si drizzarono, ma non ci restava più tempo per allontanarci. Il signor D. mi prese per mano (ero sotto il suo influsso magnetico), mi condusse davanti alla testa palpitante e domando: “Cosa sente? Cosa vede?”
L’emozione mi impediva di rispondergli lì per lì. Ma, subito dopo, completamente terrorizzato, urlai: “E’ orribile! La testa pensa!” Avrei voluto sottrarmi a quell’esperienza ma era come se fossi in balìa di un incubo tormentoso.
La testa del giustiziato vedeva, pensava, soffriva. Quanto tempo è durato tutto questo? Tre minuti, a quanto mi fu detto. Ma il giustiziato avrà pensato: tre secoli. Non c’è lingua umana che possa esprimere le sofferenze di chi viene ucciso in questo modo.
Qui voglio limitarmi a riferire le risposte che diedi a tutte le domande, fin quando mi sembrò in certo modo di identificarmi con la testa staccata.

Primo minuto: sul patibolo
Le mie risposte furono: un rumore inafferrabile vibra nella sua testa.
– Fragore della ghigliottina che cala.
– Il delinquente crede che su di lui sia caduto un fulmine, non la ghigliottina.
– Cosa sorprendente: la testa giace qui ai piedi del patibolo e crede di essere ancora su, crede di essere ancora sempre parte del corpo e continua ad aspettare il colpo che la deve staccare.
Soffocare orribile.
– Impossibilità di respirare.
– Ciò viene da una mano non umana, sovrannaturale, come se una montagna gravasse sulla testa e sul collo.
– Da dove viene questa mano non umana? La vittima, ecco, la riconosce: porpora ed ermellino ne sfiorano le dita. Ma quel che l’aspetta è più che terribile.

Secondo minuto: sotto il patibolo
L’oppressione è diventata un taglio. Solo adesso il giustiziato prende coscienza della sua condizione.
Misura con gli occhi lo spazio che separa la sua testa dal corpo e dice a se stesso: dunque la mia testa è davvero recisa. Il furioso delirio cresce.
Al giustiziato sembra che la sua testa bruci e giri intorno a se stessa. Poi, nel mezzo di questa smania febbrile, un’idea inconcepibile, insensata e innominabile si impadronisce del cervello morente. Si potrà crederlo?
L’uomo con la testa mozzata continua a sperare. Tutto il sangue che gli è rimasto pulsa più celermente attraverso le arterie vitali e si agrappa alla speranza. Ora arriva il momento nel quale il giustiziato crede di distendere le mani rattrappite e tremanti verso la testa. E’ l’istinto che spinge la mano a premere contro la ferita aperta. E ciò accade nell’intenzione, orribile intenzione, di rimettere la testa sul corpo, per conservare ancora un po di sangue, ancora un po’ di vita.
Gli occhi del martirizzato roteano nelle loro cavità insanguinate.
Ecco, è la morte… No, non ancora.

Terza minuto: nell’eternità
Non è ancora la morte. La testa pensa e continua a soffrire, Soffre il fuoco che brucia, soffre la lama che lacera, soffre il veleno che irrigidisce, soffre nelle membra che vengono segate. soffre nelle viscere che vengono strappate, soffre nella carne che viene battuta e tritata, soffre nelle ossa che vengono cotte lentamente nell’olio bollente.
Tutti questi dolori messi insieme non possono ancora dare l’idea di ciò che prova il giustiziato. E qui un pensiero lo fa impietrire d’orrore: è morto e a partire da adesso dovrà soffrire così per sempre? Forse per un’intera eternità?
Ma ora l’esistenza umana si stacca da lui, gli pare di diventare lentamente una cosa sola con la notte, solo più una leggera nebbia, poi, anche questa, si dissolve, si dirada e svanisce, tutto è nero. La testa è morta.”

Era la mattina del 18 febbraio 1848, quando due uomini entrarono nella piazza davanti alla Porte de Hal, a Bruxelles. Erano lì per condurre un innovativo studio scientifico, e, previo accordo delle autorità penali belghe, era stato loro permesso di salire sul patibolo e aspettare vicino alla ghigliottina, nel punto in cui le teste mozzate di due condannati sarebbero cadute.
Il signor D. era un noto ipnotizzatore. Wirtz un buon soggetto ipnotico. Wirtz accettò la proposta del signor D. di essere ipnotizzato in modo da potersi immedesimare nell’uomo che stava per essere decapitato e carpirne i pensieri, le sensazioni, le paure e proferirle ad alta voce. L’ipnotizzato Wirtz fu preso dal panico non appena i condannati apparvero nonostante ciò fece esattamente quando richiestogli.

Ulivo Smolders, regista belga, girò, nel 1991, Pensieri e visioni di una testa tagliata, ritratto di un pittore immaginario a partire dalla vita e dall’opera di Antoine Wiertz.

EOS