Oggi Francesco De Maria ci presenta un luganese autentico che ricerca e insegna in un politecnico parigino.

Professor Francesco Russo, matematico, ci racconti (in sintesi) la sua vita sino ad oggi.
FR Sono nato a Lugano, da genitori immigrati dall’Italia ed ho avuto un’infanzia felice. Il ricordo piu’ nitido che ho da bambino é una palma (un albero che allora mi sembrava gigantesco) in mezzo a un idillico giardino a ridosso del palazzo dove abitavano i miei genitori, una costruzione del 1936. Oltre che figlio unico, ero l’unico bambino abitante in quell’edificio, gli adulti di allora si divertivano a farmi risolvere piccoli quesiti aritmetici. Questo ha forse avuto qualche risvolto psicologico in seguito. Ho frequentato le elementari, prima in centro poi in via Massagno; poi il ginnasio ed il liceo sempre a Lugano. Mi sono laureato in ingegneria matematica al politecnico di Losanna, dove pure ho conseguito il dottorato. Dopo alcuni studi post-dottorato all’Università di Bielefeld (Germania) e all’Ecole nationale supérieure des Télécommunications (a Parigi), ho ottenuto il mio primo incarico permanente all’Università di Aix-Marseille. Sono stato poi nominato Professore ordinario all’Università di Paris 13, in seguito sono stato due anni in un centro di ricerca denominato ”Institut national de recherche en informatique et automatique”. Infine da un anno e mezzo, sono Professore (classe exceptionnelle) all’ENSTA. Nel frattempo ho pure viaggiato moltissimo per lavoro, in tutti i cinque continenti.

Ci descriva l’istituto del quale Lei attualmente opera, l’ENSTA, École Nationale Supérieure de Techniques Avancées. Quanti sono gli studenti?
FR L’ENSTA è una sorta di politecnico. Io lavoro all’Unité de Mathématiques appliquées. Gli studenti sono pochi (circa cinquecento, senza contare i dottorandi), provenienti da una trentina di paesi. Sono selezionati secondo un criterio di ”numerus clausus” in ossequio alla tradizione francese delle ”Grandes Ecoles”, che poi hanno anche ispirato la Scuola normale di Pisa. Le ”Ecoles” francesi risalgono al Settecento e in genere sono meglio dotate di fondi rispetto alle università. L’ENSTA é un ”politecnico” statale, il cui piu’ alto livello di gerarchia non si trova al ministero dell’Istruzione pubblica, ma al Ministero della difesa, sebbene il 90 per cento delle lauree siano di natura completamente civile. L’autorità militare é legata alla storia dell'”Ecole”, non é escluso che in futuro l’ENSTA non venga gestita dall’autorità civile.

Che tipo di matematica vi si studia e vi si “fabbrica”?
FR La matematica che si studia e per la quale esiste un’attività di ricerca è soprattutto la numerica, l’ottimizzazione, la ricerca operativa, l’analisi, la probabilità e la statistica. La ricerca fondamentale ha uno spazio molto importante anche se un po’ meno rispetto all’Università Paris 13, dove lavoravo prima. Il punto forte a Paris 13 era la matematica pura (algebra, geometria differenziale, topologia).

In che settore lavorano i laureati in “matematica” dell’ENSTA?
FR Tra le altre, l’Istituto rilascia una laurea di ingegneria matematica, con vari orientamenti applicativi, tra cui prevalgono l’energia (nucleare ma anche rinnovabile), l’ingegneria dei trasporti (ferroviario e aereo), la crittografia, e non ultima l’ingegneria finanziaria.

Come valuta il livello del sistema universitario francese?
FR Bisogna fare delle distinzioni, è difficile fare una valutazione globale. La matematica ha una grande tradizione in Francia. Dal 1936 sono state attribuite 52 medaglie “Fields” a studiosi francesi. Ricordo che non c’è un Premio Nobel per la matematica. Come Lei sa, una medaglia Fields é un’onoreficenza di tipo Premio Nobel, anche se ci sono dei distinguo.
Vi è da dire che, contrariamente alle università svizzere, ci sono molte differenze di livello tra i vari istituti universitari francesi. Il meccanismo è a due velocità: quello delle Università o politecnici con numerus clausus e quelli senza. Gli studenti laureati dei primi non hanno nessun problema a trovar lavoro, anzi accedono spesso molto giovani a posti prestigiosi. I secondi hanno molta difficoltà: spesso i figli degli immigrati sono occupati in studi senza prospettive.

Si dice che le università svizzere… paghino meglio di tutte le altre! Che cosa ne pensa un professore che lavora in Francia?
FR Non si puo’ negare che le università svizzere paghino meglio, sebbene devo riconoscere che il sistema universitario svizzero è meno dispendioso.

Perché la matematica è straordinariamente bella?
FR La matematica è arte, cultura e le sue applicazioni sono innumerevoli. Anche a prescindere dalle sue (potenziali o reali) applicazioni, rimane molto affascinante. Un teorema può essere un’opera d’arte, una scultura che richiede molte tappe di perfezionamento. Un articolo di matematica su una rivista scientifica domanda spesso decine di riscritture. La matematica però non è solo arte o eleganza, essa si inserisce nella conoscenza scientifica: attraversa gran parte dello scibile umano, svolge un ruolo importante per esempio nella meccanica quantistica, l’astronomia, le scienze della vita, l’economia, ma anche la filosofia moderna. Tra gli sviluppi portentosi recenti ci sono i modelli matematici per la biologia: si pensi alla genomica, alle scienze neuronali, all’evoluzione delle cellule cancerose. In un altro ambito, i motori di ricerca nella rete, tipo “google”, si basano su sofisticati metodi probabilistici. Senza dimenticare i famigerati modelli di matematica finanziaria.

Che cosa risponde a chi Le dice che la matematica è arida, incomprensibile o, addirittura, odiosa?
FR Accostarsi alle bellezze della matematica richiede vari riti iniziatici, il suo formalismo puo’ apparire opaco per i non addetti ai lavori. Però più si lavora, più si sviscera, più la si ama. Leggere un libro o un articolo di matematica può essere molto arduo; cogliere tutti gli aspettidi una definizione o di un teorema al primo tentativo è missione impossibile. Pensiamo anche allo studente di liceo che vede per la prima volta la nozione di continuità di una funzione; ne coglie forse un aspetto intuitivo, però difficilmente riesce a collegarlo con la definizione formale. La comprensione avviene quindi a vari livelli: talvolta si capisce prima passaggio dopo passaggio, poi si carpisce l’idea sottostante. Oggi viene messa in risalto la cosiddetta “divulgazione della matematica”; questa può servire, ma fino a un certo punto. L’apprendimento della matematica richiede molti sacrifici, spesso ci si scoraggia, ma tutto sommato offre un percorso esaltante.

È vero che in Francia si è istituito (o si va verso) il Baccalauréat per tutti?
FR Durante gli anni ottanta Jean-Pierre Chevènement, ministro dell’istruzione durante la presidenza Mitterrand, aveva lanciato l’obiettivo dell’ 80 per cento di “bacheliers” cioè di studenti che accedono alla maturità. La presidenza Sarkozy va un po’ in controtendenza. Capisco che la complessità della società di oggi richieda persone sempre più preparate, però quell’obiettivo si é rivelato illusorio e demagogico. In Francia si incontrano anche laureati di lingua madre che non sanno scrivere un rapporto senza errori di ortografia, e non solo. A questo sistema preferisco un modello in cui ci sono proposte più differenziate e professionalizzanti, come apprendistati qualificati, scuole di commercio, “Fachhochschulen”: un po’ secondo lo stile svizzero, anche se tra un Cantone e l’altro ci sono molte differenze. Chiaramente il “Baccalauréat per tutti” accentua le due velocità del sistema francese. La scuola e l’università di “élite” e quella di serie B; la prima garantisce una classe dirigente al paese, però in modo poco equo.

Che cosa ama di più nella Ville lumière?
FR Amo le sue diversità. Pur essendo una grande capitale, i quartieri non sono anonimi, si può fare facilmente conoscenza. Quando vado in farmacia o in panetteria, mi capita di chiaccherare per decine di minuti con il titolare dell’esercizio. Adoro l’atmosfera dei vari bistrot, é bello sedersi in un caffé, leggere, magari fare matematica, e guardare le persone che passano. Torniamo alla diversità: andare da un quartiere all’altro è spesso come cambiare paese. Talvolta bastano quattro stazioni di metropolitana per andare dall’Europa all’Africa o all’Asia.

Esiste ancora la vita studentesca nel Quartiere latino, il quartiere della Sorbona e del Panthéon?
FR Quella c’é sempre. All’ENSTA per esempio, gli studenti organizzano comunque sempre molte mega-feste. Manca un po’ nelle università periferiche (Banlieue), dove pure alcuni talenti artistici emergono anche tra i figli dell’immigrazione. La grande vitalità e energia (per ora spesso distruttiva) di questi giovani disperati finirà però per essere incanalata; questi ragazzi sono oggi spesso considerati in modo condiscendente, buonista, ma non con vero rispetto.

Lei abita presso il Parco delle Buttes Chaumont. In qual modo Lei approfitta della vasta offerta culturale, teatrale, museale della grande Parigi?
FR Onestamente, potrei fare di meglio. Il tempo che trascorro nella metropolitana è eccessivo, come pure il mio carico di lavoro all’università. Ho dunque poco tempo per approfittare degnamente delle varie proposte culturali. L’offerta é comunque enorme e non si sa da che parte cominciare. A me piace vedere vecchi film in qualche “Nuovo cinema Paradiso” che si riesce sempre a trovare. Apprezzo molto le mostre che rievocano certi periodi storici. Qualche mese fa ho molto apprezzato un “Festival dell’antichità” che alternava conferenze a piacevoli fasi ludiche.

Il Ticino da pochi anni ha la sua piccola università. Lei la conosce, intrattiene delle relazioni con essa? Come ne valuta il livello e le prospettive?
FR Non intrattengo moltissimi contatti con l’Università della Svizzera italiana (USI), salvo con qualche docente, tra cui il professor Barone-Adesi e il professor Baranzini che stimo molto. Coorganizzo con il politecnico federale al Monte Verità dei convegni sul mio campo di ricerca (l’analisi stocastica) e in quell’occasione ho il piacere di incontrare alcuni ricercatori dell’USI. In quanto Ticinese sono comunque fiero dell’Università; a prima vista la giovane università è nata bene, con la politica dei piccoli passi, senza strafare. A poco a poco si sta costituendo un corpo docenti e una ragnatela di istituti di notorietà internazionale. Secondo me le prospettive non mancano, con settori (di nicchia) dove può eccellere.La politica delle assunzioni è forse ancora un po’ opaca, ma sono sicuro che con il tempo tutto andrà per il meglio.

Qual è il Suo giudizio sul sistema scolastico ticinese nel suo complesso?
FR Dare una valutazione nel suo complesso non è facile, ho familiarità soprattutto con i licei e in particolare con il liceo di Lugano 1, del quale sono esperto di sede (per la matematica) durante questo quadriennio. Lei, professor De Maria, ha sicuramente un punto di osservazione migliore. La scuola (e quella ticinese non fa eccezioni) deve rispondere a sfide molto complesse, quasi epocali. Per esempio fino a che punto i mutamenti tecnologici devono avere un impatto sull’insegnamento? A scapito di quali insegnamenti tradizionali? Secondo me sarebbe meglio non seguire troppo le orme “Baccalauréat pour tous”, di cui parlava Lei. Nella funzione di esperto di sede per la matematica a Lugano 1, ho grande piacere a lavorare con docenti di matematica e con la direzione. Apprezzo molto la professionalità e la concretezza di tutti. I docenti sono preparati, condivido con loro la necessità di non abbassare troppo l’asticella delle conoscenze richieste per la maturità, in controtendenza rispetto a una certa opinione pubblica. Personalmente, sogno una scuola, che faccia invidia agli altri cantoni. Ne potrebbero beneficiare tutti, in primo luogo i nostri giovani. Non bisogna avere paura di una scuola esigente e in un certo senso ”selettiva”, anche se questa parola é impopolare; per selezione intendo prima di tutto orientamento. Faccio un esempio: uno studente liceale del corso scientifico dovrebbe essere bravo in fisica e in matematica; non dovesse essere il caso sarebbe opportuno avvertirlo presto, fin dal primo anno, permettendogli di scegliere rapidamente un’altra via. Un altro esempio: gli studenti che scelgono il corso economico spesso non lo fanno per passione o predisposizione allo studio dell’ economia (o del diritto); non di rado imboccano questa strada per pura esclusione. Su questi temi ho trovato tra l’altro molte sensibilità da parte dell’autorità scolastica. Riqualificare l’orientamento economico al liceo è una sfida affascinante per i prossimi anni. Poi bisognerebbe anche parlare delle formazioni alternative al liceo…

Vorrebbe tornare, da professore, nel Suo paese o nella Sua città?
FR Adoro Lugano e il Ticino, vi torno molto spesso. In Ticino abitano mio padre, una zia, vari cugini e tantissime/i amiche e amici. Con la Svizzera (e con il Ticino) ho un rapporto professionale che mi dà soddisfazione. Sono spesso al Politecnico di Losanna con cui ho molta interazione e collaborazione. Per il momento non me la sento di pensare ad altro.

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